GIANNI MONTIERI PER ESQUIRE

Alessandro Gazzi, un lavoro da mediano, una penna da scrittore

In libreria con 66thand2nd un libro che, nella sua semplicità e scorrevolezza, cambierà il vostro punto di vista sul calcio professionsitico.

Di Gianni Montieri

23/02/2022

Questi primi giorni di agosto […]. Caldi, umidi. Asfissianti. Il sentore che qualcosa debba succedere è nell’aria.

Un ragazzo di 18 anni si prende un’ultima mezz’ora per prendere una decisione, qualcosa che inconsciamente ha già deciso, eppure quei trenta minuti di solitudine servono. Allora dice al padre che entro quel tempo avrà deciso. Il ragazzo va in cameretta, c’è un poster di Zidane, la cameretta è verde, si siede sul letto e si interroga sul tempo che sta lasciando e sul tempo a venire. Il tempo diverso, il tempo che andrà a spendere su un campo da calcio, stavolta da professionista. Alessandro Gazzi, così si chiama il ragazzo, non parla di felicità raggiunta, anche se è consapevole che la sua scelta concretizzerà il sogno di quasi tutti gli adolescenti del pianeta: giocare a pallone ai massimi livelli.

In quella mezz’ora Gazzi sospende il sogno e si guarda alle spalle, pensa a quello che lascerà: le bevute, gli amici, le ragazze, il sabato sera. Pensa in qualche modo alla gioventù, a un mondo che a 18 anni finirà, ne verrà un altro, fatto di allenamenti, di partite, di Serie B, di Serie A, anni in cui sarà molto amato dai tifosi, ma lui e i suoi capelli rossi ancora non lo sanno. C’è la cameretta verde - comincia così la storia da calciatore di Alessandro Gazzi, raccontata in Un lavoro da mediano. Ansia, sudore e Serie A, da poco pubblicato da 66thand2nd – e c’è un ragazzo che riflette ma sa, che paura o meno, disorientamento o meno, la decisione è già presa. Il sogno è nascosto ora, ma il sogno è da qualche parte. Gazzi esce dalla cameretta e va a firmare il suo primo contratto da professionista.

Non sono depresso, ma il morale non è dei migliori. Bari. Meta ambita tre anni fa, scoglio impervio del presente. Come cambiano le cose, i punti di vista, le valutazioni.

Una cosa da dire subito riguarda la scrittura. Gazzi non è un calciatore che scrive la sua biografia, o peggio, che la detta a un giornalista. Gazzi è uno che sa scrivere, che scrive bene, e che ha giocato pure a calcio. Bisogna porsi in quest’ordine di idee mentre si approccia il suo bel libro. Per esempio, qualche tempo fa, ho avuto la fortuna di leggere alcuni racconti di Gazzi sul web, belli al punto che non avevo realizzato subito che chi li aveva scritti fosse il centrocampista che avevo ammirato nel Bari e, soprattutto, nel Torino «Col rosso non si passa», cantavano alcuni miei cari amici, e non si passava. Il rosso, però, sapeva scrivere e questo aspetto mi interessava di più, mi confortava. Per questi motivi l’uscita di questo libro mi rallegra.

Vivo ogni partita come se fosse l’ultima possibilità rimasta per giocare a certi livelli, da spremere e gustarsi fino in fondo.

È la storia di un calciatore ma non è un libro sul calcio, è un libro insieme al calcio, è la vicenda umana di una persona sensibile, timida che ha saputo giocare a pallone. La sensibilità, la fragilità, la timidezza insieme alla voglia di lottare e di rialzarsi sono gli elementi cardine di questa biografia. Gazzi scrive di sé, di ogni paura, dei bivi, di come la carriera può andare dal lato giusto o precipitare – per un niente, meno di un colpo di vento – dal lato sbagliato. Gazzi scrive degli inizi al Treviso, poi il passaggio alla Lazio, la Viterberse e via via il Bari, il breve intermezzo alla Reggina. Il Bari di Conte e poi di Ventura, perciò la promozione in A e il successivo ottimo piazzamento nella massima serie, e via via il Siena, i mitici anni del Torino, il passaggio a Palermo e gli ultimi anni di carriera all’Alessandria.

Procede per strappi, accelerazioni, momenti che commuovono, sono, a questo proposito, molto belle le pagine che raccontano degli stati d’ansia che bloccano i muscoli, che tengono il corpo in ostaggio. Oppure i passaggi in cui si racconta la lealtà verso i compagni, o la difficoltà a relazionarsi, essere timido anche con la stampa, perciò rischiare di passare per non simpatico. Gazzi non pareva un personaggio ma lo è, lo è diventato per gli appassionati, lo è per chi scrive oggi. Ha tutta la mia stima chi ha rifiutato gli sponsor tecnici ed è andato sempre a comprarsi gli scarpini da solo, ha tutta la mia stima chi parla delle sue difficoltà psicologiche e – talvolta - morali, ha tutta la mia stima chi – pur non essendo un fuoriclasse – è amato dai tifosi, perché il modo deciso e pulito di entrare in scivolata sulla palla di Alessandro Gazzi ce lo ricordiamo tutti. Da oggi ricorderemo anche il modo che ha di descrivere gli attimi precedenti una partita importante, o quelli in cui si racconta un match mentre ci si è invischiati fino al collo, tra il cerchio di centrocampo e tutti i minuti di recupero.

[…] nonostante il campo pesante, l’azione del mio coetaneo aveva un che di ritmico e fluido, armonico. Il ragazzo era riuscito a addomesticare il pallone con il tacco destro e una naturalezza disarmante un lancio lungo, poi, al volo, si era portato avanti il pallone con la testa. Poi di nuovo col destro […].

Gazzi si è messo in discussione in ogni passaggio della sua carriera e, forse per questo, ha gioito meno di quanto avrebbe dovuto, però è stato consapevole della fortuna e per onestà non ha negato le difficoltà, le ha affrontate, si è fatto aiutare. Ha scelto, da ragazzino, il primo procuratore perché questi amava i Beatles, Gazzi è stato questa cosa qui. Poi è diventato lo scrittore che racconta l’ultima meravigliosa partita giocata con il Toro, dice i brividi, i tempi di gioco, la percezione di sé nel campo e di sé rispetto all’erba, agli spalti. Gazzi entra in scivolata ma quando scrive va via di tunnel e di pallonetti, di tiri all’incrocio dei pali. Tenta con la penna quello che ha visto fare ai fuoriclasse che ha incrociato. Il libro del mediano è emozionante, una bella lettura, un viaggio luminoso.