Beyond the line, Tra parole identità e campo è il riassunto dell’ esperienza che ho vissuto da quando ho appeso gli scarpini al chiodo ad oggi, periodo nel quale ho rivestito diversi ruoli ma non ho ancora svolto la funzione di allenatore. Quando ho smesso con il calcio giocato la mia idea era quella di avvicinarmi al mestiere in maniera graduale, cercando di comprendere e studiare il ruolo dell’ allenatore per poi andare a svolgerlo con un quadro, sulla carta, il più chiaro possibile. Diciamo: prima la teoria e poi la pratica. L’idea di questa tesi è giunta dopo l’ultima esperienza lavorativa, mentre svolgevo il Corso Uefa Pro. Un’ esperienza durata solo un mese e nella quale, con Mister Marco Zaffaroni, siamo stati sollevati dall’incarico alla guida del Sudtirol. A quel punto, dovendo impegnare il tempo libero che avevo a disposizione, ho deciso di approfondire alcuni argomenti distraendo l’attenzione dagli aspetti puramente tecnico tattici e andando a sviscerare riflessioni su campi del sapere meno battuti. Ne è venuto fuori un percorso “multidisciplinare”. Partendo dalla dicotomia gioco-lavoro con la quale ho percepito la realtà da calciatore, ho analizzato sommariamente la struttura di un club di alto livello, vera e propria media company nella quale l’area sportiva non ha più il peso preponderante che aveva in passato. Da qui, traslando il discorso sul piano sociologico e avvalendomi di due capisaldi scritti da Erving Goffmann, ho provocatoriamente paragonato un’ azienda calcistica ad un istituzione totale per presentare quegli adattamenti che contraddistinguono, in maniera più o meno marcata, l’influsso di ogni istituzione. In questo caso quella calcistica. Inoltre ho utilizzato la prospettiva attoriale e drammaturgica descritta in La vita quotidiana come rappresentazione per descrivere il ruolo dell’allenatore (per non dire qualsiasi altro ruolo sociale) che si ritrova in un contesto nel quale la sua performance attoriale deve essere coerente e scevra da comportamenti non in linea con il proprio essere. Il percorso che ho cercato di descrivere mi ha portato a rivedere quel che di buono e meno buono ho svolto nella mia esperienza post calcio giocato: ho accennato alla definizione di una nuova identità professionale da collaboratore tecnico, alle difficoltà incontrate nell’interpretare una parte che non avevo mai interpretato e allo sradicamento temporaneo di tutta quell’impalcatura mentale che avevo assimilato negli anni e che ho ridotto ad una semplice (che poi tanto semplice non è) struttura comunicativa maestro-allievo e che credo debba contraddistinguere il rapporto tra allenatore e ragazzi. Comunicare, non è una cosa così scontata. E il fulcro della tesi, il nucleo originario, affronta proprio un tema che mi ha “intrippato” parecchio. Sto parlando delle regole conversazionali stilate da un pragmatico del linguaggio come Paul Grice, noto per aver definito le cosiddette massime entro le quali dovrebbe attenersi il dialogo tra due persone. Regole chiare, molto semplici da comprendere ma che nella vita di tutti i giorni vengono spesso violate creando fraintendimenti inutili se non deleteri. Oltrepassando le massime griciane e accennando a qualche aspetto cognitivo da tenere in considerazione quando si conversa – il context model - ho proseguito verso la strada del linguaggio e della cura che ogni allenatore deve avere nell’ utilizzo delle parole e delle metafore. Una su tutte: la partita di calcio è una guerra. Quali aspetti vengono a galla e quali oscuro nel momento in cui definisco un gioco come un conflitto? Infine, per ritornare a galla in una dimensione maggiormente pratica ho concluso l’elaborato, fluttuando tra qualche ricordo e parlando di leadership e delle ultime ricerche su questo campo: leader a metà strada, team, leadership autentica, leadership di servizio i nuovi costrutti teorici e le ultime intuizioni relative all’interazione con i membri del gruppo.