KINGS LEAGUE. LA FINALE MONDIALE.

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Prompt Midjourney

A dramatic and cinematic promotional poster. The background is deep black, featuring a golden stylized logo the kinght of the zodiac at the top center. Below the logo, In a pyramid composition, 18 famous football figures are showcased with an artificial, hyper-polished, surreal finish: Ibrahimovic and Piqué in the center, Kaká and Neymar at the peak, Marchisio, Buffon, Del Piero, Agüero, Toni, and Casillas among them. Surrounding them are 16 small national flags, designed in the same golden aesthetic as the main logo. The backdrop subtly features the illuminated arc of planet Earth, bathed in a golden-orange light, evoking a futuristic, almost apocalyptic atmosphere. The overall design is epic, bold, and visually striking, with strong lighting contrasts and a cinematic aesthetic. --ar 16:9 --v 5.0 --s 750

1.

Sono sempre stato scettico sul futuro e sulla bontà dell’operazione Kings League. Un po' per pregiudizio professionale – come a voler prendere le distanze da ciò che banalmente non considero calcio in senso stretto e allo stesso tempo marcare gelosamente il territorio che conosco e che mi ha regalato diverse soddisfazioni – un po' per l’idea che questo spettacolo sarebbe potuto risultare una baracconata scadente pronta a fallire nel giro di poco tempo, surclassata dalla valanga di commenti sprezzanti e negativi che i filtri algoritmici e cognitivi selezionano dalle piattaforme che frequento. E poi, il persistente interesse dei media nell’ultimo periodo – apparentemente forzato e fuori luogo – che intasa ancor di più una programmazione calcistica strabordante, mi ha inclinato a pensare che ci sia un disequilibrio poco coerente tra gli investimenti nella campagna di sensibilizzazione per questo prodotto e la qualità complessiva dell’intrattenimento offerto. Insomma, le basi per stroncare il progetto di Piquè, dal mio parziale punto di vista, ci sono tutte. Il personale disinteresse per il fenomeno del momento è rimasto invariato fino a qualche giorno fa, quando Camilla (17) mi ha chiesto di accompagnarla proprio alla finale mondiale che si sarebbe tenuta all’Allianz Stadium. A quel punto, invitando anche Nicole (15) la mia seconda figlia, ho deciso di avvicinarmi con uno sguardo più obiettivo e meno impastato di pregiudizio a quella che crudelmente viene considerata una cagata pazzesca  e che non ha niente a che vedere con il calcio comunemente conosciuto. Il tutto, al modico prezzo di 5 euro.

2.

Il manifesto: sfondo nero. In alto al centro il logo color oro nel quale è stilizzato un volto accattivante che indossa una maschera simil Cavalieri dello Zodiaco. Sotto il logo, la scritta KINGS. Sotto ancora, con font più stretto  WORLD CUP NATIONS. Tra i 18 testimonial presenti in quella che vagamente ricorda una composizione piramidale spiccano i volti e i mezzi busti sfumati di Ibrahimovic e Piquè nel mezzo, Kakà e Neymar in punta, Marchisio e Buffon. Del Piero, Aguero, Toni e Casillas. Ci sono altre persone immortalate che non conosco, uno non so perché assomiglia ad un giovane Robert Downey jr, un altro invece ha i lineamenti orientali. Tutti sono stati laccati da un’ artificiosa quanto irreale post produzione, come se il compositore della locandina volesse significare, sono loro ma… Sotto questa piramide, una cornice di 16 piccole bandiere nazionali modellate sullo stile del logo principale e che delimitano su due linee composte da 8 bandiere ciascuna la data e il luogo dell’evento (Allianz Stadium. Torino 12 . gen 2025.). Dietro questa composizione fotografica che domina la scena, si intravede, sullo sfondo nero, l’arco del pianeta Terra illuminato dalla luce di un sole arancio oro. Un po Sunshine, un po' Armageddon.

3.

Rimango sorpreso quando alle 15.30 parcheggiamo l’auto in uno dei settori più vicini dello stadio: per arrivare fino a qui non abbiamo trovato traffico, l’afflusso di auto è stato moderato e i parcheggi sono ancora da riempire. Ci dirigiamo quindi con grande tranquillità verso l’ingresso del nostro settore sgattaiolando a zig-zag come quando sei preso dalla curiosità che ti indirizza freneticamente da una parte e dell’altra:  incrociamo gruppetti di ragazzi e ragazze appena maggiorenni, genitori con figlio o figli al seguito in un clima tra il rilassato e il divertito. Niente cori, niente odori illegali, niente birre in giro. Mentre camminiamo ho anche modo di rispondere a Nicole alla provocazione che mi ha rivolto sul fatto che in certe situazioni familiari faccio casino: Nicole, ho messo ordine a centrocampo per vent’anni… Le poche bancarelle presenti vendono bandiere, cappelli e gadget che non hanno niente di bianconero. Ce la siamo presi in netto anticipo sull’ orario della programmazione perché nella mail di conferma di prenotazione del biglietto è stato comunicato di giungere sul posto in anticipo per evitare eventuali file. Su Repubblica di Torino si parla di 40000 biglietti venduti. Possibile? Comunque nessuna fila e nel giro di tre minuti siamo seduti sui posti che ci sono stati assegnati. Il settore è quello che comunemente viene utilizzato dai tifosi bianconeri della Juve, a metà altezza della tribuna inferiore e poco distante dall’uscita. Da qui, la visuale è ottima. Fra quanto inizia lo spettacolo? Mi chiede Nicole. Fra un’ora e un quarto. La quindicenne sbuffa. Nel mentre, accadono molte cose. Innanzitutto ci si rilassa osservando il quadro di insieme: la poca gente sparsa a puntini sulle tribune, qualche bandiera del Brasile, della Colombia e inaspettatamente anche del Marocco, maranza, la tribuna vip totalmente vuota e il campo della finale ridotto (non conosco le misure ma credo siano quelle di un campo da calciotto) posizionato proprio a metà campo. Dagli altoparlanti, batte forte una musica elettronica che sembra farti rimanere sulla stessa schermata d’attesa di un videogioco. Nella “tribuna centrale opposta” spicca un palco quasi imponente per le sue dimensioni: il programma dell’evento infatti prevede, oltre ad una partita tra Legends e Streamers e la tanto attesa Finale Mondiale, un breve concerto di Mamhood. Intanto, tra me e le mie figlie, nasce qualche spunto verbale considerevole di menzione.

Camilla se ti accompagno al concerto di Sfera Ebbasta tu mi accompagni a quello dei Godspeed you! Black Emperor?

Di chi? Chiede Nicole con aria tra il beffardo e il supponente.

L’acquisto del bicchiere in cartone di popcorn non è stata una scelta tatticamente valida: se il primo impatto con il cibo sembrava promettere bene, hanno il sale, con lo svuotarsi del contenitore il giudizio positivo subisce un drastico calo, facevano schifo.

Vedete, lì siedono i patrizi, laggiù i plebei, lassù gli schiavi.

Guarda lì, un boomer che fa il video…   

E’ proprio sul comportamento del boomer che si apre una voragine dialettica e una reazione quasi sconsiderata da parte delle mie figlie. Nel momento in cui dico faccio una foto per i social e metto la mano nella tasca per prendere il mio smartphone, i sistemi di allerta generazionale suonano a più riprese. Camilla e Nicole si allarmano perché temono che il loro padre, un millenial a tutti gli effetti, si comporti proprio come qualsiasi boomerNoooo Cami fermalo!!! - spiegandomi dettagliatamente le tecniche manuali “improprie” utilizzate nella produzione di foto e video per le piattaforme. L’utilizzo dello zoom e degli hashtag in piena vista ecc.. Tecniche che non devo assolutamente ricalcare. Controllare invece i risultati delle partite di serie A e di serie B scrollando sui vari campi è un comportamento più che idoneo e tale da contraddistinguere una persona qualsiasi che utilizza il cellulare. L’Inter è avanti a Venezia, si segnala un notevole 3 a 0 della Cremonese sul Frosinone, 1 a 1 del Sudtirol contro il Catanzaro. Sudtirol. Non lavorare sul campo manca, certo che manca ma allo stesso tempo ragionare sulla breve esperienza di Bolzano con occhio distaccato mi consente di dar aria a nuovi ragionamenti. C’è ancora da metabolizzare l’esonero, questo sì, e venir qui con le mie figlie per questa finale è un modo per sciogliere qualche nodo ancora stretto. Poi, alle ore 17.30 con qualche minuto di ritardo sul tabellino di marcia, inizia lo spettacolo. E dalla voce dello speaker si percepisce subito il piano immaginario sul quale il pubblico sarà proiettato: la voce, che eccede volutamente il tono con un interpretazione tiepidamente minacciosa (sulla falsariga di certe voci presenti nelle attrazioni dei parchi divertimenti) ci presenta un mondo pieno di sorprese, dove non ci si annoierà nemmeno un istante e dove il consiglio è quello di non sbattere le palpebre perché potremmo perderci qualche evento epico. Mi avrà convinto? Mi dice Nicole. Fate un grande applauso a… Plasticaaaaa!!! E’ in questo modo che viene presentata Matilde Ferrari, artista veronese che spazia tra dance e musica sperimentale che sale sul palco e introduce lo spettacolo con un djset dal sapore di Spritz psichedelico: dietro di lei, sul maxischermo un serpente avvolge con il suo movimento una colonna muraria antica in un loop che ammicca a una circolarità infinita. La musica è gradevole e conforme all’evento e i venti minuti in cui intrattiene i presenti salendo di ritmo e di battiti, volano. E poi, inizia il riscaldamento delle due squadre.

 

4.

Brasile e Colombia. Le due finaliste. Dopo un fragoroso applauso della gente che inizia gradualmente a riempire lo stadio (ora saranno 20000 persone ad occhio), nemmeno il tempo che i ragazzi colombiani arrivino sotto la nostra curva per il riscaldamento e i miei schemi cognitivi si incanalano sistematicamente sull’analisi globale dei singoli atleti e sulla struttura del riscaldamento pre-partita che svolgeranno. Si chiama deformazione professionale. Mentre il Brasile è posizionato dall’altro lato del campo, mi focalizzo sulla struttura fisica degli atleti colombiani, sulla loro corsa. E qui il primo inghippo valutativo: anche se qualche tempo fa avevo assistito ad una partita di promozione piemontese rimodellando i criteri di giudizio sugli atleti e sulla partita che stavo vedendo (godendomi comunque uno spettacolo di calcio romantico), il prendere le distanze da ciò che sono stato abituato a vivere ad alto livello può risultare complicato. Oltre a ciò non conosco nulla ma proprio nulla della loro storia, nel senso che non so chi siano, se abbiano mai giocato a calcio a livello professionistico, se abbiano giocato a calcio o se siano solo degli appassionati senza un minimo di coordinazione. L’unica cosa che ho saputo è che in una partita di qualificazione della nazionale italiana hanno partecipato Francesco Caputo, Leonardo Bonucci ed Emiliano Viviano. Ovviamente più per cavalcare una certa onda mediatica che per ambizioni squisitamente tecniche. Di primo acchitto, ad eccezione di qualche impaccio coordinativo individuale e di qualche stazza incline alla morbidezza, sembra di visionare fisici di livello “normale” per non dire dilettantistico. Magari tra questi c’è qualche ex giocatore della nazionale colombiana ma ne dubito. E poi, considerando che la Kings League assomiglia più al calciotto, penso che alla fin fine ci può anche stare. E ciò mi conferma il fatto che, come è stato detto a più riprese, il livello sia alquanto basso rispetto alle abitudini del calcio televisivo di alto livello. Osservando la qualità tecnica dei partecipanti, in quelli che sono una serie di passaggi a coppie, ne ho la definitiva conferma. Non tanto per i passaggi in se ma per la quasi spensierata modalità esecutiva con cui vengono effettuati. Insomma, dal movimento armonico del corpo, dalla fluidità di un semplice gesto e dalla deliberata creatività con la quale viene svolto l’esercizio è possibile intercettare indizi sul tenore dello spettacolo al quale assisterò. Una sfida per così dire un po'… chissà. Altra prova che conferma le aspettative che ho elaborato è l’organizzazione del riscaldamento: dopo qualche minuto di jogging libero misto a passeggiata i colombiani per i quali abbiamo deciso di tifare, si raggruppano formando un cerchio e svolgendo, insieme al preparatore atletico (che scoprirò al primo lancio del cannone essere l’allenatore vedendolo a bordo campo impartire ordini), degli esercizi di mobilizzazione. Poi è la volta di passaggi a coppie a 10 metri di distanza circa l’uno dall’altro, di duelli di difesa della palla ed infine di un torello. I due portieri, dal canto loro, si riscaldano senza bisogno di aiuto concludendo il “lavoro” con un esercizio nel quale i giocatori di movimento ordinati in fila effettuano un passaggio forte a mezza altezza da bloccare. In questa ultima fase, le perplessità relative alla qualità tecnica dei giocatori vengono confermate: calciare un pallone a mezza altezza per il portiere, non è di per se un esercizio dalla complicatissima operatività. Uno dei due portieri non impegnato sollecita i suoi compagni nell’essere più precisi e di dare maggiore forza al passaggio. In conclusione, osservare questa attivazione pre-gara, abbastanza approssimativa e poco enfatizzata sul piano atletico e tecnico, mi conferma l’idea che le caratteristiche che fanno della Kings League un fenomeno su scala mondiale in ascesa non siano associate al talento dei giocatori in senso assoluto. Ciononostante mi sto divertendo.

5.

L’ Allianz Stadium intanto si è quasi totalmente riempito. C’è qualche spazio vuoto e se non dovessero essere quarantamila poco ci manca. Cazzo, allora questa Kings League tira! Non si sente nessun coro, ogni tanto lo speaker spara uno dei suoi avvertimenti, c’è un brusio giovanile generalizzato che si discosta inequivocabilmente dalle atmosfere domenicali più animalesche del campionato italiano. E’ un brusio nel quale intravedo gioventù non incline al calcio e spettatori che “ballano” su una dimensione diversa, meno competitiva e più ludica. Poi entra in scena Mamhood. Lo fa in maniera spettacolare e debordante. Luci, fumi, disegni, coreografie con i ballerini e, soprattutto, la sua musica. Soldi, Barrio. Lui sul palco, un pò piccolo da qui ma sarà per le mie defaillance oculari. Non entro nel merito della voce, del sound e della ballabilità dei suoi pezzi. Apprezzo con grande entusiasmo però la sua performance, non sono suo fan, ma, sarà per il contrasto con il modesto riscaldamento delle due squadre, Mamhood mi sembra spaccare (i critici sanno sicuramente meglio di me con quante stelline valutare la sua performance). E’ lui che poi, scendendo dalla lunga scalinata e avvicinandosi al centro del campo dove c’è la Coppa, accompagna le due squadre dietro di lui per gli inni nazionali.

  1.  

Ci sono i fischi da parte di una buona fetta dello stadio all’inno colombiano. C’è il saluto di Neymar ai brasiliani direttamente dal maxischermo con questi ultimi che, proiettati sugli schermi laterali con un inquadratura dal basso, sembrano guardarlo come se stesse parlando il Presidente Lula. E c’è uno youtuber, che non ho capito chi fosse ma che Camilla dice abbia vinto diverso denaro sfidando uno famoso della boxe, che dà inizio allo show. Perché di uno show vero e proprio si tratta la finale di Kings League. Sono tre gli arbitri e nessuno dei tre fischia il calcio d’inizio perché un countdown con annesso bleep sonoro è stato innescato. Lo youtuber inizia, Five, four, three, two, one, il cannone a due passi dal palco spara un pallone che sale in alto, disegnando una parabola stretta, per poi piombare proprio nel mezzo del campo dove, dopo un rimbalzo, guarda un po', ci sono solo 2 giocatori che si sfidano in uno scontro 1vs1 con i 2 portieri a difendere le loro porte. Wow, il buon vecchio duello che svolgevo da calciatore in allenamento! Quanto durerà? No perché se questi fanno 1vs1 per più di un minuto rischiano di finire alla canna del gas… I pensieri che mi sfiorano finiscono per essere divorati dal primo controllo a “inseguire” del giocatore del Brasile che sbaglia clamorosamente il gesto tecnico regalando la palla ai colombiani. E già qui, proprio dal primissimo controllo ciccato, la reazione del pubblico è emblematica: Seeeeeee… traducibile in diverse formulazioni come… Guarda che scarso oppure Ma come si fa… In quel Seeeeee ci trovo il disappunto beffardo di chi non ha mai visto questa competizione, che giudica con il metro di paragone errato e che crede di poter fare molto meglio. Il duello, che dopo la prima conclusione del Brasile miracolosamente parata dal portiere colombiano vede un ritmo che si inchioda vertiginosamente, promette comunque sorprese. Ed infatti in quel minuto, ci sono almeno due situazioni dove “accadono” dei tiri ma di gol non se ne vedono. Peccato. Il pubblico, ogni volta, fibrilla in maniera sorpresa, quasi infantile. La formula prevede che ogni minuto subentri un giocatore in più per squadra fino ad arrivare a sette. E così si vedono duelli 2vs2, 3vs3, 4vs4 e così via, duelli ogni volta diversi e ogni volta con dinamiche tattiche che cambiano. Perché un conto è il duello individuale ed un conto è difendere 2vs2 oppure 2vs3 nel caso anche il portiere decida di lasciare momentaneamente la sua porta. Per quanto possa essere evidente che il tasso tecnico possa influenzare lo spettacolo in senso assoluto (anche se qualche giocata seppur minimamente in realtà si intravede), ciò non influisce sulla bontà oggettiva della formula della competizione che sa tanto di gioco da tavolo che diventa videogioco che si trasforma in mediocre realtà estetica. La creatività delle regole credo sia da segnalare come punto di forza. Il gioco in se, partendo dai duelli, non si distanzia poi molto dalle molteplici partitine che mi è capitato di giocare durante gli allenamenti e che tutt’oggi vengono utilizzate come mezzo di allenamento. Partite a campo ridotto, che hanno una durata minima a seconda dei partecipanti con l’obiettivo di mettere sotto sforzo il calciatore in condizioni di “emergenza” sia dal punto di vista tecnico-tattico che fisico (poi, a seconda degli obiettivi specifici queste partitelle possono essere più o meno intense  con la sollecitazione di metabolismi diversi). Da calciatore queste partitelle le amavo. Sebbene fossero a volte estremamente sfiancanti avevano sempre un sapore diverso da quello che assaggiavo in partita. E le trovavo, più che divertenti, eccitanti. Per non parlare di quando poi questa sorta di gare erano organizzate dividendo i giocatori in due squadre che si sfidavano “alla morte”. In quelle sane guerre sportive era quasi sempre questione di equilibri fragili tanto che più di un allenatore se n’è usciva, in momenti di agonismo latente la domenica, con frasi del tipo Cazzo vi scannate vivi tra di voi per non spostare la porta a fine allenamento e la domenica vi cagate sotto e non riuscite nemmeno a fare un contrasto! Ricordo certe reazioni lancinanti per una vittoria o una sconfitta in quei tornei dove era in palio un misero vassoio di pasticcini da chiedersi quale era il vero motivo di tanta competitività. E alla fine il motivo era solo uno: vincere una cazzo di partitella senza lo stress domenicale, divertimento, zero pressioni, antipatie che alimentavano la competizione interna e si tornava bambini come sul campo dell’oratorio. Con l’obiettivo di vincere e sfottere i perdenti per almeno mezza giornata.  La divergenza tra l’osservare la partita da ex calciatore e da allenatore mi consente comunque di valutare il ritmo blando dei venti minuti del primo tempo intessuti di un netto dominio territoriale verdeoro e senza particolari spunti individuali. Errori da una parte e dall’altra. Rinvii sfasati. Agonismo che eccede i limiti e che sospende forzatamente il gioco per almeno 4 volte. I tackle difensivi sono spesso fuori tempo e gli attaccanti tendono a  enfatizzare la caduta non essendo abituati ad avere il controllo Var che puntualmente viene utilizzato anche questa sera. L’arbitro, dal canto suo, sembra non avere in pugno la partita. Ma va da se che nello squilibrio generale tutto si sistema. E il primo quarto d’ora, considerando il vantaggio più che meritato del Brasile, fila via a sbuffi. Ma c’è una chicca di un calciatore colombiano che allo scadere del primo tempo con una intuizione niente male segna il pareggio: dal suo destro, leggermente defilato fuori dall’area di rigore,  scavalca con un preciso pallonetto il portiere brasiliano. E’ 1 a 1. Non mi alzo in piedi ma applaudo timidamente. Fine primo tempo. Io sto iniziando a gelare, Nicole ha le labbra blu. Le mie figlie sembrano comunque divertirsi. E adesso c’è la partita tra le Legends e gli Streamer.

7.

C’è poco da dire su questa esibizione tra ex campioni prestati alla manifestazione e youtuber a me sconosciuti. Dispiace non vedere i vari Totti, Toni, De Rossi, Aguero, Ibrahimovic, Marchisio, Kakà, Piquè, presenti sul manifesto, probabilmente acciaccati. Una classica parata di stelle del web e del calcio dove di interessante dal mio punto di vista c’è ben poco. Anche perché il racconto dell’esibizione ricalca in tutto e per tutto gli schemi narrativi della stessa. Convinto che avrei assistito a degli 1vs1 tra Toni e ZW Jackson e via dicendo, mi devo accontentare di una sgambettata tra amici che serve in primis a intasare i social di meme e post con eventuali eventi degni di nota e in secondo luogo a diluire un pò lo spettacolo, vista la scarsa durata, per enfatizzare ancor di più questa competizione. Quindi tanti sorrisi, abbracci, Del Piero che sigla un gol, anzi Del Piero che segna un gol allo Stadium, anzi Del Piero che ritorna nella sua vecchia casa dove non tornava da tempo e segna un gol nella sua vecchia casa. E via con le foto, via con i post, via con Casillas battuto. Pirlo che trotterella malinconico e che sbaglia un rigore, Buffon che cede alla sceneggiatura implicita, subisce un gol, sorride e viene sostituito da Er Faina. Il resto non ha stuzzicato granchè il mio interesse. Solo la voce dello speaker alla fine dell’esibizione mi ricorda l’importanza di ciò che ho appena visto. Fate un grande applauso, alle Legends e agli Streamers che ci hanno offerto questo. Grande. Spettacolo. Applausi. Poi, in sequenza. Paolo Bonolis che tira un dado (troppo lontano per riconoscerlo). Koopminers, Girelli, McKennie, Rosucci e Yildiz al cannone per dare il là al secondo tempo (che invidia!). E il Brasile che, nonostante subisca un gol, fa sua la partita. Ci sono i rigori presidenziali, carte segrete e polemiche per mancati penalty. Io cerco di tenere le palpebre sempre aperte, in tutti i modi, le palpebre bruciano chissà che non mi perda qualche cosa, mentre il freddo congela le ginocchia e le mie figlie. C’è sempre un brusio di sottofondo, nella speranza che succeda qualcosa – e qualcosa succede, certo che succede, solo che quando sei abituato ad altro quello che vedi va scemando in un niente nel dimenticatoio – e poi, a sette minuti dalla fine, su insistenza di Nicole, usciamo dallo stadio rinfreddoliti ma, tutto sommato, più che soddisfatti di quello che abbiamo visto.

8.

Al di là del lieve umorismo che spero non sia scambiato per sarcasmo, se devo dare una valutazione complessiva allo spettacolo non posso che dire di essere moderatamente soddisfatto. Al modico prezzo di cinque euro non mi aspettavo calcisticamente nulla di esorbitante (quando andai a vedere la promozione piemontese pagai 10 euro) ma se mi chiedete se mi sono divertito la risposta è affermativa. Vale anche per Camilla e per Nicole. In questo prodotto di enterteinment, dopo aver visto la sfarzosa messa in scena, intravedo potenzialità ancora inesplorate che erano succubi di uno scetticismo quantomeno anticipato. Non c’erano grandi dubbi su come sarebbe andata a finire: il Brasile è diventato Campione. Non faccio previsioni future perché il successo di questa formula che sarà veicolata su canali distributivi che non frequento, dipenderà da molte variabili. L’ unico problema che ho captato – ma questo dipende dai miei gusti personali - e che mi sembra palese è il divario eccessivo tra lo spettacolo che viene offerto sul campo e ciò che viene offerto fuori dal campo. Ciò che mi è rimasto veramente impresso è il concerto di Mamhood, ovvio. Ma se Piquè e soci riescono a stabilire maggiore equilibrio tra le parti – ergo più qualità lì in mezzo e meno enfasi regolamentare lì fuori - il potenziale fuoco d’artificio potrebbe diventare devastante non solo sul web. Semplici considerazioni. Dopotutto, alla fine, sarà il pubblico dei social che deciderà le sorti di questo format.