SULLE RIVE DEL GARDA pt.2

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8.

Svolgere il ruolo di Vice Allenatore ha portato sostanzialmente un cambiamento enorme nella mia vita, cambiamento con il quale, prima o poi, avrei dovuto fare i conti: il trasferimento in una città diversa senza la mia famiglia e senza mia moglie dopo più di vent’anni. Già, perché a Roè Volciano, piccolo paese a pochi chilometri da Salò, vivo nella solitudine di un monolocale al primo piano di un edificio composto da quattro appartamenti, in una zona dove al mattino soffia sempre un vento insistente proveniente dalla Valsabbia. Mentre Deborah, Camilla, Nicole ed Emily sono rimaste da sole in un appartamento nel centro di Torino dove anche durante le ore notturne si possono ascoltare le sibilanti sferragliate tramviarie e qualche auto della polizia. Non è scontato trovare un nuovo equilibrio e per adattarsi c’è bisogno di pazienza, voglia e in primis disponibilità da parte di tutti i componenti del nucleo familiare. Non è stato facile. Per niente. La mancanza dei miei affetti più cari la percepivo soprattutto quando tornavo a casa, dopo il lavoro e la mattina al risveglio quando potevo abbracciare solo il cuscino. La mia fortuna è stata quella di far parte di una famiglia che ha accettato le mie scelte e che ha “sopportato” la mia assenza scandita dalle toccate e fuga del weekend. Dopo la partita infatti, il sabato sera, prendevo l’auto e partivo, tre ore filate, verso la mia dimora a Torino. Lì la prima ad accogliermi era sempre mia moglie, la seconda la mia figlia a quattro zampe. Ventiquattro ore di riposo, staccavo temporaneamente la spina e il lunedì mattina ero di nuovo in auto, destinazione lago di Garda. In tutto questo la fiducia che sentivo si accompagnava ad un’altra inscalfibile certezza. Il rallentamento stradale tra Pero e Cormano.

 

9.

“La cosa più difficile nella vita è conoscere se stessi; la più facile è parlare male degli altri.”               Talete.

 

10.

Quando si cambia la guida tecnica è naturale pensare che già dalla partita successiva ci sia un cambio di rotta, se non nel risultato almeno nell’atteggiamento. Contro la Reggiana, nonostante le statistiche dicessero cose estremamente interessanti sul match giocato, questo cambio di rotta non c’era stato. Anzi, quel 3 a 0 ci inchiodava ad una realtà oggettiva dal futuro più che incerto. Sembrava che la squadra non riuscisse ad uscire da quel vortice disgregativo nel quale era sprofondata se non in pochi e isolati momenti: gli allenamenti erano discreti, ma non ancora buoni come voleva il Mister, i dati fisici delle performance stavano virando verso direzioni che facevano ben sperare ma in realtà, la domenica, sebbene miglioramenti tattici e agonistici erano visibili, i risultati non cambiavano granché. Troppo poco, per vincere e ripartire. Sembrava esserci una sorta di spaesamento dovuto anche al fatto che all’interno della squadra alcuni punti di riferimento a livello di leadership non sembravano ben delineati. Quindi 1 a 1 contro il Cosenza al Marulla, 3 a 3 contro il Bari a Piacenza, sconfitta 1 a 0 a Como, sconfitta 1 a 0 contro il Cittadella e poi i brucianti 0 punti contro la Ternana in Umbria con una prodezza di Iannarilli su tiro di Compagnon nell’area di porta. Finisce 2 a 1 al Liberati e quella sembra essere quasi una pietra tombale sulle speranze di salvezza. Prossime avversarie: Cremonese, Sampdoria, Venezia. Accade poi che nella prima settimana di dicembre, piovosa e impegnativa quanto basta per abbassare ancora di più il morale di una squadra che ha totalizzato 7 punti in 16 partite ma che però, nonostante tutto, non ha mai lesinato impegno, riusciamo ad invertire quel trend che sembrava non abbandonarci. Quei miglioramenti minimi erano lievitati improvvisamente in efficacia portandoci a totalizzare nelle ultime 3 partite del girone d’andata 7 punti, gli stessi realizzati fino a quel momento. Al giro di boa sono 14 punti in 19 partite. Siamo ancora vivi.

 

11.

L’organico della Feralpisalò (a partire dal giorno di chiusura del mercato di gennaio).

 

 

12.

È il 93° minuto di gioco e Marcandalli al limite della propria area è preso da un timore quantomeno irrazionale: la pressione senza pretese di Zennaro lo induce a calciare il pallone senza tanti complimenti rinviandolo a campanile e facendolo precipitare in una zona a pochi metri dallo spigolo sinistro della propria area. Pilati, accorso per l’ultimo – chiamiamolo - assalto, difende la sfera guadagnando una preziosa quanto insperata punizione laterale provocata ingenuamente da Pajac. È l’ultima occasione di una partita che avevamo iniziato con il piglio giusto ma viziata da una doppia espulsione a sfavore nostro: prima un intervento di Fiordilino su Girma a gamba tesa al 23° minuto di gioco, rosso diretto, poi Butic che a pochi secondi dalla fine della prima frazione viene innervosito verbalmente da Bianco (insulti razzisti?) e ammonito per la seconda volta. Quando rientriamo negli spogliatoi non tira una bella aria. E il Mister, che è già incazzato di suo, chiede ai ragazzi 45 minuti di totale sacrificio, anche perché non c’è nient’altro da fare. Siamo appesi a una corda da quando siamo arrivati, sempre in apnea, sempre a cercare di risalire da quel fondo che si era raggiunto. E ora, che stiamo risalendo, dobbiamo aggrapparci a quella corda, afferrandola con vigore e dosando ogni energia. Dall’inizio del secondo tempo parte l’assalto granata verso la nostra porta. Nove contro undici con il palleggio della squadra di Nesta e la palla che presiede negli ultimi 30m non allontanandosi quasi mai oltre la metà campo e tenendoci sempre sotto-costante-pressione. Riusciamo a barcamenarci con un certo equilibrio nonostante le buone occasioni degli avversari. Ma poi al 79° Kabashi ci punisce dal limite: controllo di suola e tiro a giro di sinistro alla destra di Pizzignacco. 1 a 0 Reggiana. Partita quasi chiusa. Quasi. Ci sono dieci minuti più recupero da giocare. Dieci minuti nei quali il Mister scarica inversamente tutte le energie nervose per far mantenere la calma alla squadra, senza sbilanciarsi – niente cazzate – senza prendere decisioni istintive inopportune. Mentre Rozzio e compagni decidono di elevare al cubo il fraseggio senza pressione, perdendo tempo, tiktakando e melinando il pallone senza più uno scopo, noi non facciamo una piega, lasciando trascorrere il tempo e attendendo un qualsiasi minimo evento a nostro favore. Lottando, a vuoto, lottando. Perché? Perché è questa, la risalita. Non ci sono altre alternative. In apnea, con ogni singolo atomo di ossigeno. Oltre il 90°. Siamo stremati sono finite quasi tutte le energie, ma la lucidità di Pizzignacco nel dribblare l’avversario sull’ultima rimessa laterale a favore nostro è decisiva. Il rinvio che effettua per un’ultima, insperata, potenziale, possibilità ci conduce lì, a battere una punizione laterale sullo spigolo dell’area di rigore. Manzari è sul punto di battuta. In quei secondi che precedono il fischio dell’arbitro il mood emotivo del match è già cambiato, eccome se è cambiato, capovolgendosi su se stesso e assumendo una forma inattesa e potenzialmente promettente. C’è un brusio generalizzato che riaccende animi sopiti e un fruscio silenzioso nel quale si addensano migliaia di pensieri, speranze, nervosismi, dubbi. E i giocatori, in campo, lo sentono. Quel fruscio. Lo sento anche io, che dalla panchina osservo incredulo all’inversione di tendenza forse inattesa. È l’azione promettente, l’ultima possibilità di pareggiare o di perdere a innescare quel meccanismo di energia inversa che rivitalizza neuroni depressi. Pizzignacco sale, per l’ultimo disperato tentativo. Un gol equivale a un punto, un punto che si aggiunge ai 6 ottenuti nelle ultime 3 partite: sconfitta con il Sudtirol, 3 a 0 con il Catanzaro e 5 a 1 contro il Lecco. 20 punti in 22 partite totali, appena sotto la linea di galleggiamento. 1 punto si aggiungerebbe agli altri 20, sempre sott’acqua certo, ma vicini a poter ancora respirare. Manzari sul punto di battuta si predispone. La linea degli 8 emiliani non è pulita, anzi, c’è un asincronismo evidente nel loro modo di muoversi: perché loro già sanno.

L’arbitro fischia. Mentre Manzari prende la rincorsa Zennaro attacca il primo uomo della linea, Ceppitelli e Pilati in zona centrale e Tonetto l’ultimo. Kourfalidis accenna un blocco su Antiste e Balestrero che parte con il tempismo corretto, si incunea nello spazio tra il 3° e il 4° uomo provocato dal blocco del greco. Nel momento in cui Manzari calcia, la linea difensiva è tormentata, la linearità teorica voluta da Nesta va in frantumi e la crepa si fa voragine. La palla calciata perfettamente appena fuori dall’area di porta viene attaccata da Balestrero che in tuffo segna con le ultime forze rimastegli. Silenzio di piombo al Mapei Stadium. Urla indescrivibili nella panchina verdeblu. 1 a 1. Fuori. Oltre. Ogni. Orbita. Emotiva. Siamo ancora vivi.

https://www.youtube.com/watch?v=Rp65fNNZIoE 

 

...continua