L'AVVERSARIO PREFERITO

Qualche giorno fa circolava nei social il video di un gol che ho realizzato nella stagione 2012/2013. E’ tutto vero. Detto questo, ci scrivo qualcosa…

 

Trascrizione integrale dell’audiomessaggio inviato a Luca Trucchi, preparatore atletico dell’Atalanta, alle ore 19.27 di venerdi 24 maggio, due giorni dopo la finale di Europa League.

“ Ciao Prof, scusami se ti mando un audio faccio prima… avrai sicuramente ricevuto una marea di messaggi e mi accodo a tutti quelli che hai ricevuto… che ti devo dì, complimenti eh, complimenti veramente, giocare al Via Del Mare è sempre dura però siete stati bravi, De Keetelere e Scamacca hanno risolto la partita, non era facile, veramente, complimenti perché state chiudendo il campionato nel migliore dei modi, il giusto premio che vi meritate per il lavoro che state facendo da.. da ormai.. quanti sono? 8 anni quindi veramente complimenti e niente dai, in bocca al lupo per la conclusione del campionato”

 

Sono le ore 10:35, cielo sereno temperatura 23°C, 14.3.

 

1.

L’ Atalanta ha vinto l’Europa League.

 

2.

“Giocare contro l’Atalanta è come andare dal dentista”.

Josep Guardiola 7 novembre 2019

Senza anestesia

 

3.

L’ultima volta che ho affrontato la Dea da calciatore è stato nel turno infrasettimanale della quinta giornata del Campionato di Serie A dell’ormai lontano 2016. Al tempo militavo nel Palermo allenato temporaneamente da mister De Zerbi e, in quell’occasione, subentrai allo svedese Hiljemark al minuto 67. Ho ancora qualche rimasuglio memonico di quella sfida: la serata frizzantina, i sedili comodi della panchina accanto alle poltrone della pitch-view e l’ entrata in campo nel ruolo di centrocampista sinistro; un passaggio in orizzontale effettuato dalla linea laterale sinistra in zona mediana, di destro, con il quale tagliai in due una pressione avversaria dando la possibilità a Goldaniga di condurre palla al piede e sviluppare l’azione offensiva. Ed infine il gol della vittoria rosanero di Nestorovski in anticipo sul 1° palo su angolo battuto da Jajalo. Nell’occasione della rete siglata, ero rimasto sulla trequarti avversaria come ultimo uomo per eventuali contropiedi. 0-1 all’ 89esimo e 3 punti pesanti. E’ stata la nostra prima vittoria in campionato, una delle poche, mentre per l’ Atalanta era la quarta sconfitta nelle prime 5 partite. La squadra bergamasca aveva iniziato la stagione con un freno a mano tiratissimo e aveva dimostrato anche quella sera di avere buone potenzialità e scarsa efficacia. Dunque si trovava di fronte a un bivio con il neo allenatore a rischio esonero. Nel post partita, chiacchierando con colleghi avversari, mi ritrovai a percepire anche un certo malumore, quello tipico che serpeggia sibillino quando i risultati non arrivano e che inizia a instaurarsi negli animi più scontenti dello spogliatoio. Il problema, in quei pochi minuti di conversazione, sembrava fossero i giovani… Cinque giorni dopo, contro il Crotone nel neutro di Pescara, la squadra di Giampiero Gasperini si impone con un 3 a 1 che rialza i lombardi dalle fogne degli ultimi posti della classifica. Petagna, Kurtic, Gomez i marcatori. Poi, fino a dicembre, la squadra inanellerà una serie di prestazioni micidiali:

Atalanta Napoli 1-0. Fiorentina Atalanta 0-0. Atalanta Inter 2-1. Pescara Atalanta 0-1. Atalanta Genoa 3-0. Sassuolo Atalanta 0-3. Atalanta Roma 2-1. Bologna Atalanta 0-2

E’ solo l’inizio di un percorso sportivo e aziendale che credo superi clamorosamente qualsiasi aspettativa su una “provinciale”. Storicamente, fino a quel momento l’Atalanta non aveva mai bazzicato i piani alti della classifica.

 

4.

Il pallone giunge sulla zolla appena fuori area e io che mi sono catapultato nell’unico spazio utile per un’eventuale seconda palla, tiro con l’interno destro, quasi con il piatto, sul primo palo, mirando a quel sentiero non segnato, a quella crepa difensiva che si fa voragine.

Stagione 2005/2006, Bari Atalanta 2-1

 

5.

Perché parlo dell’Atalanta? I più maliziosi penseranno che lo faccia per cavalcare l’onda di entusiasmo e accodarmi al tram tram di parole sensazionalistiche e roboanti sulla squadra di Gasperini. No niente di tutto ciò. O meglio, ne approfitto solamente, visto l’andazzo, per parlare del mio rapporto contro una realtà sportiva che quando incontravo da calciatore emanava sempre vibrazioni positive. Non ho mai tifato per questi colori ma avevo un feeling contro la Dea, che era estremamente singolare. A differenza di tante altre squadre, come per esempio la Roma o il Napoli, per non parlare del Cagliari o dell’ Avellino, contro l’Atalanta c’era sempre da divertirsi e ogni volta che vedevo quelle maglie e quei colori riuscivo sempre ad avere un assetto mentale ideale: giocate precise, interventi efficaci, corse come amavo fare. A tratti, riuscivo anche a esprimere e a vivere fugaci momenti di quiete interiore. Ricordo, come se fosse ieri, i cinque minuti finali di un match giocato all vecchio Atleti Azzurri d’Italia (ora Gewiss Stadium) in maglia granata sul finire del 2015: in quei pochi secondi connotati di vuoto, sull’ 1 a 0 a favore, avevo perso letteralmente la percezione del tempo, mi sentivo talmente “dentro” la partita che alla fine la cronologia degli interventi effettuati, al mio ricordo in spogliatoio, risultava sfasata. Non dico fesserie. E se ci fosse bisogno della certificazione di questo feeling parallelo con la squadra nerazzurra lo si può ritrovare nelle mie personali statistiche. A memoria, se non ricordo male: 13 partite disputate, almeno 8 vittorie e almeno 1 pareggio. E soprattutto: 3 gol su 11 totali realizzati tra i professionisti, senza considerare 2 gol realizzati in 6 partite ai tempi della Primavera. Che dire? Credo sia fuor di dubbio che ogni calciatore, soprattutto un attaccante, abbia nella sua esperienza calcistica, una squadra che per una serie di incastri sconosciuti, diventi la sua preda preferita. L’ Atalanta era la mia. Ora, io non lo so quali meccanismi cosmici possano esserci in coincidenze come questa, ma credo che in fondo, sotto substrati di varia natura, esista sempre un legame di un certo valore. E la memoria, per questo, mi aiuta.

 

6.

E gioisco come non mai, come un invasato: i muscoli del viso si contraggono, il corpo, all’improvviso rivitalizzato, scatta in un violento proseguimento dello sforzo… Non sto capendo più nulla…Mi sento in una dimensione tutta mia, fatta di fatica ed estasi. Dalla pancia fuoriesce un urlo rauco e basso che gratta le corde vocali, e si disperde nel marasma dell’esultanza dei tifosi della Robur.

Stagione 2011/2012, Siena Atalanta 2-2

 

7.

All’eta di 11 anni, quando muovevo i miei primi passi nella Plavis la squadra del mio paese, giocavo come attaccante. Una domenica, inaspettatamente, si presenta a vedere la partita un osservatore calcistico, un uomo che mi appariva alto e rispettabile, che lavorava per una società trevigiana affiliata all’Atalanta. E quando dicevi Atalanta, non ti potevi sbagliare. Al tempo, il suo prestigio non risiedeva tanto nei risultati anonimi della prima squadra di Caniggia e compagni (io ero uno sfegatato milanista) ma sulla nomea del settore giovanile che era considerato il fiore all’occhiello del calcio italiano. Ero fibrillante, me lo ricordo bene. Il solo fatto di sentire pronunciata quella squadra, collegava in me ragionamenti che di logico avevano ben poco e che attingevano direttamente dal trasognante spirito di un undicenne. Successivamente nel corso delle prime settimane della stagione, quell’osservatore mi aveva “fatto la corte”, venendo a casa e parlando con i miei genitori, convincendoli e persuadendoli della bontà del salto dalla piccola squadra del mio paese ad una squadra affiliata ad uno dei maggiori vivai italiani. E alla fine mi convinse, nonostante i miei freni caratteriali, ad allenarmi 2-3 volte a settimana con il Caerano, una realtà geograficamente vicina a quella in cui avrei fatto il primo vero salto di livello, Montebelluna. Ricordo gli allenamenti che ho svolto in quella squadra: non conoscevo nessuno dei ragazzini presenti, erano tutti su per giù ad un livello pari al mio e provenivano da diversi paesi sparsi tra le province di Treviso e Vicenza. Tutto mi sembrava girasse in modo un pò straniante. Ma poi, con il pallone tra i piedi, la familiarità con il gioco mi metteva al sicuro e io non pensavo più a niente. Giocavo. Ma era troppo presto, ero ancora vincolato alle mie insicurezze e i tempi per abbandonare il nido calcistico non erano ancora maturi. Eppure, tra tutti i momenti che ho vissuto in quel periodo, ce n’è uno in particolare, che è rimasto impresso nella mia memoria fotografica.

 

8.

Cerci batte un calcio d’angolo donando alla palla un numero di giri tale da garantirmi mezzo gol. Io, anticipando i miei avversari sul primo palo, sento che mi basta sfiorare la sfera per allungare la sua traiettoria e metterla proprio lì, all’incrocio dei pali opposto.

Stagione 2012/2013, Atalanta Torino 1-5

 

9.

Ricordo una sera, stavo per andare a letto. Ero appena uscito dal bagno e avevo fatto i cinque scalini che conducevano alla cameretta. Mia sorella era già coricata, i miei genitori guardavano la tv in salotto. Era buio nello stretto corridoio in fronte a me ma la luce proveniente dal piano basso illuminava ancora qualche angolo in giro per casa. Poi d’un tratto mi fermo, consapevolmente, prima di entrare in camera. Scruto nel buio. Volevo vedere quella borsa che stava sotto un tavolino. E la guardo, quella borsa. Mi era stata prestata dal dirigente che avevo conosciuto per partecipare agli allenamenti. Era nerazzurra. Su un lato c’era scritto in stampatello A.C. CAERANO. E poi nel centro di quella tinta blu, c’era lo stemma bianco e nero della Dea. Scrutai, in silenzio, per qualche secondo. Il suo profilo, la leggiadria dell’immagine, le linee dei capelli, un remoto senso di libertà.  Ero un tifoso milanista, i sogni erano soltanto sogni, ma vedere lo stemma di una provinciale, in un oggetto inanimato a pochi passi, legava sensazioni nuove provenienti da un universo mentale in via di sviluppo. Mi sentivo. Quasi. Ipnotizzato. Quella borsa, che mi era stata data in prestito, alimentava discorsi senza parole e sogni granulosi in fase di concepimento. In quel mutismo di tempo sospeso ricordo dentro di me un rumore lontanissimo di energia molecolare, di atomi che dribblano altri atomi, di passaggi ondulatori e di una chimica vibratoria. Di legami che si disgregano e si riaggregano in un moto tattico fluido, plastico e vorticosamente equilibrato. E in questo turbinio atomico di non-pensieri interagenti senza battito e senza linguaggio, restavo lì, per qualche secondo, abbandonato ad una beata sognitudine.   

 

Trascrizione integrale dell’audiomessaggio inviato da Luca Trucchi alle ore 19.51 di venerdi 24 maggio, due giorni dopo la finale di Europa League.

“… Ti ringrazio, ti ringrazio perché effettivamente come siamo stati bravi a battere il Lecce anche il Mister che vede la squadra un po' in crisi butta dentro giocatori che risolvono la partita, sono cose che sai si vedono ma non sono facili da gestire anche tu sai che fai l’allenatore lo sai, perciò proseguiamo, cerchiamo di mantenere questo 5° posto che garantirebbe la Champions League speriamo dai non succeda niente mancano ancora queste due partite, Grazie ancora veramente, a presto!“

 

Visioni

Oppenheimer. Christopher Nolan. 2023

Letture

Woo.kyoung Ahn. Ragionare meglio per vivere meglio. 2023. Aboca edizioni.

Irriducibile. Federico Faggin, 2022. Mondadori.

Le leggi delle mappe mentali. Tony Buzan. 2018.

 

 

I punti 4,8,6 sono tratti da “Un lavoro da mediano”.

 

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