SALO'

Questo testo è stato steso subito dopo aver visto dal vivo Torino-Inter. Arriva con diversi giorni di ritardo rispetto alla routine che avevo instaurato ed è ancora sporcato da diversi errori. Perciò è genuino abbastanza. Ci sono stati degli stravolgimenti professionali nei giorni scorsi, tant’è che 7 giorni fa ho firmato il contratto da vice allenatore nella FeralpiSalò di Mister Marco Zaffaroni. Perciò con molta probabilità dovrò sospendere, spero momentaneamente, la pubblicazione settimanale degli articoli sul mio blog. 

Papà, perché hai preso il mio posto a tavola? Nicole, al giorno d’oggi bisogna saper ricoprire tutti i ruoli. Difensore, attaccante, centrocampista, esterno alto ed esterno basso. Portiere. Il ruolo è una funzione, dicono. E che funzione hai te? Seduta li, capotavola? Sei forse una first line breaker? O una wide controller? E che funzione ho io che mi trovo al posto tuo? Che funzione ho se non quella di abitare questo mondo capovolto dove le parole trasmigrano e il significato, il vero significato delle cose sta solo nei fatti. Di quale complessità voglio parlarti Nicole? Forse dell’essenza che ci compone, di quelle piccole molecole che trasferiscono energia e che trasmettono emozioni. E’ una catena chimica, logica, semantica.

Una semplice catena legata ad altre catene, come io e te io e mamma io e Camilla io e Emily. Tu ed Emily. Tu. E Camilla. Le relazioni. E’ qui che risiede la dinamica, il movimento, l’impossibilità di rimanere statici nella stessa identica postura mentale. E’ impossibile. E’ l’universo, non credi? E non credere, che se non sto parlando di calcio  significa che non parlo di calcio. Io sto parlando di calcio. Il calcio è solo una parola. Le parole sono ruoli. Le frasi, movimenti, tattiche. E la vita è un gioco infinito. E potrei diluire tutti i miei pensieri e farli defluire in un corso d’acqua e come vedi ho di nuovo capovolto le argomentazioni, in una connessione che in realtà porta solo a sfornare righe e righe di discorso stratificato. La linearità forse è da ricercare? L’armonia? La fluidità? Dimmelo te, Nicole.

 

Salò ore 8.05, sole, 14.2.

 

0.

La foto di copertina, il mio nuovo sfondo desktop creato con Midjourney.

 

1.

Il calcio in Italia è diventato noioso perché il livello si è abbassato rispetto al passato. (Alessandro Del Piero)

 

2.

Vado a memoria, in base a quello che ho visto dal seggiolino n° 4, fila 10, settore 105 della tribuna granata allo Stadio Grande Torino.

Per Torino-Inter, nona giornata del campionato di Serie A, un seggiolino comodo in posizione leggermente defilata e relativamente bassa che dista una ventina di metri, o forse qualcuno in più, dalla Curva Maratona. A differenza degli Skybox[1] dove si gode di una visuale “tatticamente” migliore - e dove si può gustare dell’ottimo finger food e dei primi piatti della cucina piemontese - il settore dal quale mi accingo ad osservare il match è più vicino al terreno di gioco. Da qui si possono notare abbastanza nitidamente la struttura fisica dei calciatori, le loro abilità tecniche e coordinative, i contrasti, i duelli, le espressioni facciali. Gli effetti della palla. La pulizia di calcio. Ad esempio i lanci lunghi di Milinkovic Savic su rimessa dal fondo sono sempre sporcati da un leggero moto di rotazione dovuto all’eccessiva lunghezza della parabola. Ergo: per arrivare a quelle distanze il portiere serbo è costretto a togliere precisione e pulizia ai suoi rinvii. Condivido la visione della partita con una coppia di interisti sulla trentina alla mia sinistra e due bambine alla mia destra. Oltre a loro, nel settore 105 si mischia civilmente una maggioranza di supporter granata di tutte le età a una minoranza sparsa di tifo nerazzurro. Allargando l’orizzonte visivo invece il colpo d’occhio spoglia uno stadio dal cromatismo granata che padroneggia superbo, la Curva Maratona è palesemente più popolata e fitta degli altri settori mentre il settore ospite fatica ad emergere dalla tonalità monocolore della squadra di casa. Credo che il numero di spettatori si aggiri attorno alle trentamila unità. L’ atmosfera è carica come sempre avviene nelle grandi occasioni.

 

3.

Osservo l’inizio della partita ragionando sulla fase di costruzione del Torino. Nei primi dieci minuti si concretizza una situazione, che è evidente, che si ripete almeno tre volte e che mi sembra, senza giri di parole, clamorosamente allettante: cercare Vlasic. La considero una delle possibili chiavi nella fase offensiva granata, una soluzione che, se un calciatore o una squadra, riuscisse a riconoscere da dentro il campo, aprirebbe voragini mentali negli undici che giocano aumentando fiducia, sicurezza e convinzione per il proseguo del match. Nelle complessità delle scelte individuali e dei dettami collettivi dei due tecnici, durante il giro palla granata lievemente stressato dalla pressione avversaria, mentre la coppia d’attacco Lautaro e Thuram, assistita da Calhanoglu, Barella e Mkhitaryan aggredisce i propri avversari (Tameze- Schurrs- Rodriguez, Ricci- Linetty), si crea uno spazio libero invitante (zona metà campo) tra le “linee” di centrocampo e di difesa nerazzurre  nel quale Vlasic si ritrova sistematicamente libero. La libertà del croato, dovuta principalmente all’accorciamento di Calhanoglu su uno dei due centrocampisti del Torino, non sembra essere la falsa libertà di un trequartista lasciato momentaneamente solo e pronto ad essere aggredito senza concrete possibilità di azioni individuali verso la porta. La libertà del croato sembra essere invece una libertà dai tempi di aggressione avversaria più dilatati; l’ideale, quindi, sarebbe quella di cercare proprio lui. Certo, ricevere palla nella zona di metà campo, puntare la difesa palla al piede per poi arrivare a concludere un’azione promettente è tutto un altro discorso, questo sì. Ma trovare libero il talentuoso trequartista con una palla precisa, anche alta, soprattutto nelle fasi iniziali della partita, si rivelerebbe quantomeno efficace visto e considerato come una sua possibile ricezione taglierebbe fuori dal gioco almeno 5 avversari[2] e garantirebbe la possibilità di ritrovarsi in un 3vs3 in campo quasi aperto. Sicuramente un ipotesi di questo tipo che andasse a buon fine produrrebbe godimento nei match analyst che aggiornerebbero più che volentieri lo score e gli indici di pericolosità della squadra. Quando succede per la prima volta ciò che intendo io – passaggio chiave a Vlasic che punta la difesa - è il 32esimo minuto. Fino ad allora l’equilibrio della partita è compresso nella rigorosità tattica di Juric e del suo uomovsuomo che riesce, con Tameze adattato a centrale di destra, a reprimere il potenziale offensivo interista che comunque ha prodotto alcune interessanti giocate e una punizione fuori di poco di Calhanoglu. La tendenza della partita si inclina lievemente verso la sponda granata e dopo due minuti infatti, il primo vero tiro del Torino, se non ricordo male di Ricci ma non ne sono sicuro, alza l’hype dello stadio.

 

4.

Un aspetto tattico interessante per uno che ha visto la prima partita dell’Inter quest’anno: la posizione alta di Darmian che tiene impegnato Rodriguez, con palla ad Acerbi o a Di Marco bassi sulla corsia di destra. In questo modo la linea composta da Rodriguez Schurrs e Tameze si allarga garantendo a Thuram e Lautaro più spazi per cercarsi.

 

5.

Proprio il tiro di Ricci genera una scena che mi ha particolarmente colpito e che denota la condizione attuale del contesto granata. Il tiro, oggettivamente non insidioso ma che ha il merito di sbrigliare gli umori dello Stadio, provoca un’ istintiva reazione di Juric. L’ ho osservato diverse volte durante il primo tempo il mister croato: era lì, sempre ai bordi dell’area tecnica, che camminava avanti e indietro come credo sia sua consuetudine, frenato dalla voglia di vivere la partita e accovacciandosi  a più riprese per spezzettare quella routine fatta di pensieri, sensazioni, umori. Il suo agitarsi continuo a quel tiro diventa una corsa di qualche metro per incitare ancora di più la Curva, come a voler cercare di aumentare ancora i decibel presenti, come a voler cercare un aiuto in più dal tifo granata. Ma la reazione della Curva e dello stadio presente, al dimenarsi del mister, non è granchè evidente. In realtà la reazione mi sembra armonica e in linea con quello che è accaduto, un tiro di media pericolosità dove Sommer ci mette i guanti senza troppi affanni. Ci sono miliardi di modi in cui si possono interpretare questi eventi. Dal mio punto di vista, in quel preciso momento, il suo gesto è un chiaro segnale dello sforzo importante che sta compiendo con la squadra per mantenersi aggrappato alla partita. Lui lo sa e lo vede , percepisce lo sforzo che stanno facendo i suoi, conosce il divario tecnico tra la sua squadra e quella nerazzurra. La sua appare come una reazione spropositata. Ma non lo è.  

 

6.

A un certo punto verso il ventesimo del primo tempo. Lautaro arpiona una palla alta e sporca sulla metà campo, in linea con il quarto uomo. Il suo muovere le braccia a difendere la sfera, il suo sentire l’avversario dietro di sé, tenerlo distante, tenerlo a bada. E allo stesso tempo: l’armonia dei suoi movimenti con le gambe, la destra che sale alta a controllare quella “sporcizia” da riciclare e la destra inchiodata a terra, mentre il baricentro doma il corpo tutto, in un gesto armonico dalla difficoltà estrema che mi lascia di sasso. Bellezza allo stato puro.

 

7.

Voi direte, quali sono i dettagli dove si possono notare le difficoltà che una squadra incontra? Ad esempio le famose mezze e mezze, i rimpalli o i contrasti dove per un niente la palla la vince sempre l’avversario. Sottigliezze che superficialmente possono essere intese con un semplice che culo!

 

6.

A fine primo tempo, parlo con un tifoso del Toro, ha portato suo figlio Valentino allo stadio. Faccio qualche foto con le bambine al mio fianco, una delle quali vedendomi concentrato sulla partita durante la prima frazione mi continuava a fissare e chiedo al tifoso interista che siede al mio fianco un commento su come sta giocando la sua squadra. Oggi una merda, mi dice. Ha iniziato bene nelle prime uscite, poi la Champions li ha fatti calare un po'. Oggi, forse la pausa Nazionali, stanno giocando proprio male.

 

7.

Il Toro è entrato in campo con la stessa verve degli ultimi quindici minuti della prima frazione. I nodi della partita si stanno sciogliendo e la rigidità tattica si scongela lasciando spazio ad un'altra partita. Poi, dopo tre minuti, Schurrs esce per un infortunio al ginocchio. Dalla mia posizione, non avendo visto bene la dinamica, ero convinto che si fosse infortunato al tendine d’ Achille. Ricci e Seck hanno le mani tra i capelli, disperati e increduli, guardano verso la panchina. Quando il fisioterapista e il dottore arrivano dall’olandese, il cenno della sostituzione verso Juric è accelerato a 2X. Il tifoso interista alla mia destra parla di legamento collaterale, poi guarda il telefonino e rivedo con lui l’azione che ha portato all’infortunio. Forse anche più di un collaterale, speriamo bene, penso io. Mentre Perr (Schurrs) esce in barella dal campo leggo la sua disperazione nel coprirsi il volto, nel muoversi sulla barella, nel piangere. Il Grande Torino lo applaude. La risonanza magnetica lo attenderà nel suo “tubo” di musica industriale dal martellamento battente, tra Rakka e Kesto in un attesa dallo staticismo mentalmente doloroso. Entra Sazonov.

 

8.

Al 59esimo gol di Thuram su assist di Dumfries.

 

9.

Avrei voluto parlare del brusio dopo il secondo gol e approfondire le sensazioni da campo che si percepiscono in momenti come quelli ma la quasi inattesa chiamata di mister Zaffaroni ha stroncato il finale di questo testo. Ne parlerò più avanti, con calma, quando avrò più tempo.

 

Visioni

Torino-Inter

 

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[1] Cito gli Skybox perché lo scorso anno ho visto Torino-Inter da posizione privilegiata.

[2] Nel caso migliore 7 considerando i quinti che si occupano dei rispettivi dirimpettai (Darmian-Lazaro, Di Marco-Bellanova)