REPUBBLICA (EDIZIONE DI TORINO) VENERDI' 14 FEBBRAIO 2020

 

Gazzi, centrocampista dell'Alessandria: "Gioco a calcio e recensisco libri, che cosa c'è di strano?"

Ex bandiera del Toro, a 36 anni studia al Dams: "Sono timido, la parola scritta mi mette a mio agio"

di Emanuele Gamba.

"Sono soltanto un perito informatico", dice Alessandro Gazzi per non sembrare quello che non è, cioè un intellettuale prestato al pallone, e continuare a essere quello che è sempre stato, un onestissimo mediano (Bari, Siena, Torino, Palermo e, da tre anni, Alessandria) che ha usato il tempo per buttare l'occhio fuori dallo spogliatoio con il gusto per la visione, l'ascolto e la lettura, da cui è disceso quello per la scrittura: sul suo blog (alessandrogazzi.it) racconta piccole storie di sé con una delicatezza, una profondità e una sensibilità sorprendenti. Descrive attimi, sensazioni, emozioni che raccontano il calcio meglio di mille dirette. È da leggere. Da qualche tempo, ha allungato il passo: è diventato collaboratore dell'Indice dei libri del mese, sul quale ha già pubblicato tre recensioni ("Capolavori" di Mauro Berruto, "Breve storia dell'inconscio" e "La partita perfetta", un dialogo sul calcio tra due filosofi) e un suo racconto, "Dieci minuti", è stato inserito in un'antologia che uscirà a maggio per 66th&22nd.


Gazzi, ma lei è nato scrittore?
"No, a scuola non avevo passione per la scrittura. Però ho sempre letto, all'inizio soprattutto riviste musicali e di cinema, tipo Mucchio Selvaggio o Duellanti. E poi libri, certo, soprattutto quando, dopo essermi diplomato perito informatico, mi sono iscritto al Dams. Ed è stato proprio a un libro che devo il mio passaggio alla scrittura".

Ovverosia?
"Ho letto un saggio sul concetto di flow, di flusso di coscienza, e l'argomento mi ha incuriosito molto. Allora ho contattato una psicologa dello sport, Gabriella Starnotti: mi interessava il nesso tra flusso e performance ottimale. Mi ha chiesto di provare a scrivere un testo su quello che mi capitava in campo, l'ho fatto e mi ha detto che avevo delle qualità e che avrei dovuto approfondire questo aspetto. Da lì è nata l'idea del blog, cui mi sono dedicato anche per aprirmi un po', perché sono molto timido e a voce faccio fatica a esprimermi. Con la parola scritta, invece, mi sono scoperto a mio agio".

E da lì, è diventato recensore.
"Ho conosciuto Matteo Fontanone, un redattore dell'Indice, e quasi per gioco mi ha proposto una collaborazione. È tutta la vita che leggo recensioni, qualcosa deve essermi rimasto. Ma da critico, se così posso essere chiamato, ho solo cercato di spiegare in maniera semplice quello che il libro mi ha trasmesso. L'Indice dei libri è bellissimo, impegnativo, sforna articoli che mi riempiono giornate intere".

Sia sincero: è orgoglioso di quello che scrive?
"So di partire da una base bassa, da principiante. In fondo il mio stile si basa sulle letture che ho fatto. Però mi dicono che sono apprezzato: ne prendo atto, ma non vado oltre forse perché per natura non sono mai contento di me".

Lei parte da un pregiudizio che l'avvantaggia: quante volte le hanno detto: per essere un calciatore, non è così stupido?
"Vero, in genere si pensa che mediamente non siamo dei geni. Ma non lo sono neanch'io. Faccio solo una cosa che mi riesce bene, che mi diverte e che mi risulta anche utile a livello mentale, visto che grazie alla scrittura riesco a dar forma ai miei stati d'animo. È una valvola di sfogo, mi permette di cristallizzare e poi di mettere da parte sensazioni che a quel punto posso dimenticare".

Negli spogliatoi non l'hanno mai vista come uno snob?
"Non saprei. Io sono un timidone, molto riservato, sto sulle mie e allora magari sì, posso passare per snob.
Comunque sia, in tutte le squadre in cui ho giocato ho trovato ragazzi che studiavano, leggevano, avevano mille interessi. I calciatori sono persone come tutti gli altri".

Quando ha cominciato a scrivere, ha cercato aiuto o consigli?
"All'inizio chiedevo a qualche amico e a mia moglie di dargli una letta. Per l'editing c'è mio suocero, che ha lavorato per anni in una redazione come correttore di bozze e quindi ha l'occhio clinico. Qualche errore me l'ha trovato, ma tutto sommato non troppi".

Lei si dichiara timido ma ha fatto il Dams: non è forse una scuola per estroversi?
"Non mi ero iscritto per ambizioni artistiche, ma perché volevo conoscere la musica, il cinema e il teatro. Ho imparato nozioni generali di struttura del linguaggio oppure l'analisi del messaggio pubblicitario. Mi è sempre piaciuto studiare, ma avendo già il mestiere di calciatore volevo fare qualcosa che mi divertisse. Se avessi continuato con l'informatica non ce l'avrei fatta a conciliare calcio e studi".

Non ha mai pensato di recensire anche film?
"No, perché una pellicola ha miliardi di aspetti e non sono preparatissimo su tutti. E poi sui social di critici è pieno".

A breve farà il suo debutto in libreria: com'è andata?
"C'era questo concorso per racconti sportivi e durante il ritiro, quest'estate, mi sono messo a scrivere di un'esperienza di campo, gli ultimi 10' di un Bari-Salernitana, una sorta di stato di grazia. Ho raccontato istanti che già allora sentivo che mi sarebbero rimasti impressi".

Pensa che potrà fare lo scrittore di mestiere?
"No. Ho sempre degli spunti in testa ma non ho una storia, non ho personaggi: ogni tanto qualcuno mi bazzica per la mente ma lì resta.
Scrivo di cose che ho vissuto, a inventare di sana pianta non ci ho neanche mai provato".

Quanto tempo dedica a lettura e scrittura?
"Sono un lettore disordinato: comincio, smetto, riprendo. E scrivo quando capita. In questo momento scrivo di meno, un po' perché la famiglia, ho tre figlie, mi porta via molto tempo, e un po' perché mi sto dedicando prevalentemente agli studi. Mi sono iscritto a Scienze Motorie con indirizzo calcio per completare quello che ho fatto per 20 anni: mi manca la teoria, sotto tanti aspetti sono ancora ignorante. Ma voglio andare a fondo soprattutto per cultura personale: che gli studi mi saranno utili a livello professionale, ma fondamentalmente lo faccio per me".

Ha deciso cosa farà, quando smetterà di giocare?
"Non ancora. Ho la fortuna di avere del tempo per riflettere e la tranquillità economica, che non guasta. Sono consapevole che quando smetterò ci sarà da sudare, ma questo lo so da quando ho cominciato".