I primi palleggi...
1. Il palleggio singolo, l’unita, la base minima.
Io e il pallone.
1, 2. La serie più semplice, la coesione di due gesti per sostenere, nell’aria e in una sola concatenazione motoria, il pallone di gomma consumata che mi ha regalato papà.
Due semplici palleggi.
1, 2, 3. L’inizio di un movimento plastico, in evoluzione. I presupposti di un gesto motorio da automatizzare con costanza e allenamento.
Tre palleggi nel cortile di casa.
1, 2, 3, 4. La mia prima, primitiva progressione. La sequenza sulla quale sviluppare le future sospensioni del mio pianeta Terra, la palla, nel mio personale Sistema Solare, il calcio.
Io, la palla e nient’altro.
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7. La conquista dell’ignoto. Sostenere il proprio sogno attraverso le capacità acquisite, perdere il senso del tempo. All’ombra, nel primo pomeriggio, c’è un silenzio che squarcia gli occhi.
Ho fatto sette palleggi.
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15. Il segreto non confessabile. La comprensione del meccanismo, la fase di collaudo, la scoperta del vuoto. Un abisso in cui ci s’immerge, attraverso il quale un bambino impara a conoscersi. Sorprendersi delle zone inesplorate alle quali ora si ha libero accesso.
La chiave che apre tutte le serrature.
15… 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42. Il corpo è in movimento, ascolta se stesso e il pianeta che gli ruota attorno nel suo moto di rivoluzione, azione, reazione, evoluzione concentrica, catene cinetiche armoniche attivate, recettori che captano i feedback e leggi della fisica assimilate spontaneamente, in un soliloquio silenzioso come la voce senza suono di un bambino sull’orlo di un precipizio. Unica certezza. So palleggiare.
Ora lo vado a dire a papà. 1,2,3,7,15,42.
Sorridente mentre nascono dietro la schiena una racchetta da tennis