UNA MERAVIGLIOSA ANOMALIA

Bari è una meravigliosa anomalia. Come definirla altrimenti? Riflettevo ieri mattina, passeggiando per le vie del centro di Torino, dopo aver visto in televisione la Finale Play off di Serie B di domenica sera contro il Cagliari, decisa nei minuti di recupero dal neo entrato Pavoletti. Riflettevo sullo stadio, sui tifosi, sulla città. Pensavo alle delusioni, al fallimento e alla rinascita, insomma agli ultimi dieci, dodici anni. Pensavo alle speranze riposte nella partita con il Cagliari e alla voglia di calcio che conta della piazza, sempre lì a dimostrare, e le immagini parlano chiaro, che c’è sempre un fibrillare aritmico che pulsa, in ogni petalo dello stadio. Deve essere parecchio duro mandar giù questo boccone amaro. Amarissimo.

Ho giocato sette anni a Bari. E ho vissuto tutto ciò che c’era da vivere, sportivamente parlando.  Ho vissuto momenti splendidi, altri meno. E i giudizi e i sentimenti che ho provato, in quei sette anni, sono stati molti e differenti. Ma adesso che è trascorso già diverso tempo da quando me ne sono andato, nutro un sentimento di profonda gratitudine verso la piazza, nonostante alcune vicende extracalcio abbiano profuso tra gli appassionati rabbia e sconforto. D’altra parte, a Bari non ci ho solo giocato. Ci ho soprattutto vissuto. Erano altri tempi, i tempi in cui il tifo si era affievolito e non poco, complice il rapporto con la vecchia presidenza. Pochissima gente allo stadio, sconforto generalizzato. Poi un colpo di coda: la promozione in Serie A targata Antonio Conte e un rivitalizzata voglia di calcio, di buon calcio. E la gioia di vivere il San Nicola. Tant’è che il primo anno di A con mister Ventura era letteralmente una festa che si è propagata anche negli angoli più bui della città. Alla fine, però, la continuità di rendimento non c’è stata e nel secondo anno, diciamo… la retrocessione… aveva ripiombato tutto in quella sorta di catatonico mood che nelle pagine del mio libro definivo simpaticamente “La Barisite”. Bari, storicamente parlando, ha sempre vissuto di alti bassi. Sono nel suo DNA. Gianni Antonucci, storico del Bari, uno che si ricorda persino le amichevoli di precampionato degli anni ’80, quelle giocate senza nemmeno la distinta ufficiale, mi spiegò quando arrivai nel capoluogo pugliese, che “La Bari” veniva chiamata la squadra ascensore, tante erano state le volte che saliva e retrocedeva dalla B alla A. E, se non ricordo male, sono trenta gli anni in cui la squadra biancorossa ha frequentato la massima serie. In piu di cento anni di storia, facendo due conti, sono meno della metà. E tutto questo sembra cozzare violentemente contro quello che si nota in eventi come quello che è stato appena vissuto. Possibile? Come la mettiamo quindi con i 60000 mila spettatori della Finale? O di tutte le partite di cartello di Serie B che vedono, spesso e volentieri, lo stadio quasi al completo? Come è possibile che un bacino di appassionati così grande non riesca a far breccia ai piani alti? I tempi di stanca della presidenza precedente (parlo di Matarrese e non del breve susseguirsi di guide societarie venute dopo il suo abbandono) sono lontano passato e la nuova e rigenerata verve portata dai De Laurentiis ha messo la basi per un rinascimento sportivo che la piazza percepisce eccome e che, si spera, possa continuare ancora per molto, molto tempo. Non credo ci sia, almeno in Italia, un altro club che possa vantare una cornice di pubblico così vasta, dalle potenzialità commerciali che non hanno nulla a che vedere con realtà di Serie A dal minore appeal. E’ per questo motivo che la reputo una meravigliosa[1] anomalia. Tanta passione inchiodata ad un retaggio sportivo dal quale risulta difficile prenderne definitivamente le distanze.  

 

Per chi volesse immergersi nel San Nicola stracolmo vi invio al seguente link: BARI EMPOLI del 4 maggio 2009.

 

Ce ne sarebbero da scrivere di cose ma se qualcuno volesse solo approfondire cosa sia “La Bari” per il popolo barese, consiglio il film di Mario Bucci del 2015 Una meravigliosa stagione fallimentare. Lì c’è tutto l’ animo, ma proprio tutto.  

 

Photo by Cristiano Carrero

 

 

 

[1] Chiaro collegamento al film di Mario Bucci.