Nel Palermo che si dibatte al penultimo posto c’è chi insegue la salvezza anche con la scrittura. “Da un anno e mezzo scrivo regolarmente qualche pagina a settimana, è un flusso continuo di spunti, la chiamo la mia valvola di sfogo creativo”. Parole di Alessandro Gazzi, 34 anni sabato prossimo, calciatore specializzato in quasi tutti i ruoli di centrocampo: dal Treviso (2000) al Palermo, passando per Viterbese, Bari, Reggina e Torino. Una vita da mediano? “No, la canzone di Ligabue non c’entra. Per il mio blog ho scelto come titolo “Storie da mediano” perché suona bene e mi identifica”. Così si racconta Alessandro, “sempre timido, fin da bambino”. Poche parole e ricordi netti, anomali per la categoria. La musica, per esempio: “Da ragazzino ascoltavo la radio, poi ho scoperto i vinili dei miei genitori, ero attratto dalle copertine… Il colpo di fulmine fu “The dark side of the moon”, in seguito ho iniziato ad ascoltare musica alternativa: dai Sigur Ros a Lawrence English, ma anche tanta ambient”. E nel frattempo, il campo. “Il calcio per me è passione e lavoro, una parte importante della vita ma non è tutto. Credo di aver raggiunto quella che chiamano maturità calcistica, voglio però provare ancora a migliorare. Oltre le emozioni che ho provato in campo sono riconoscente al pallone per avermi dato la possibilità di costruirmi una famiglia e offrire stabilità economica alle mie tre bambine”.
Ok, ma la scrittura? “L’ho scoperta poco per volta, d’altronde ho sempre viaggiato molto con la fantasia e mi è venuto spontaneo scrivere: mi aiuta a scoprire lati meno conosciuti del mio carattere”. Così nascono le pagine pubblicate online (alessandrogazzi.it) in cui episodi di gioco vissuto diventano istantanee di parole. “Può sembrare strano, ma un contrasto, una semplice palla intercettata oppure l’attesa per la partita, un riscaldamento ben fatto diventano per me spunti su cui scrivere”. Sottolineando un modo di stare in campo, quello di Alessandro Gazzi, con un denominatore comune: “mettersi a disposizione dei compagni e della squadra, questo è quello che ho sempre cercato di fare e che continuo a fare”. Con la maglia numero 14 addosso. “Per me un minestrone di ricordi: era la maglia di quando da bambino a Feltre andavo a giocare con i ragazzi più grandi, era il numero di Cruyff che ammiravo nelle videocassette di mio padre, quello di Gianni Rivera in Italia-Germania 4-3 e di Bruce Harper, difensore e personaggio di Holly e Benji”.
Influenzato dalle letture? “Sono cresciuto con i libri di Philip K. Dick, amo la fantascienza e poi Joyce, Faulkner e De Lillo, Ishiguro, McCarthy. Potrei andare avanti…”. C’è anche la letteratura dedicata al calcio. “Ho trovato formidabile “Il maledetto United”, di David Peace, ma anche “Goal Economy” di Bellinazzo. E il libri di Simon Kuper. Ma poi c’è Osvaldo Soriano, ci mancherebbe…”. Non poteva mancare il cinema, tra le passioni di Alessandro. “Malato di Lynch e Hitchcock, adoro Malick e “La sottile linea rossa”: avevo iniziato a studiare al Dams di Roma in quel periodo, ma ho dato solo qualche esame poi ho dovuto mollare, a causa del calcio”. Ecco, appunto: cinema, scrittura, letteratura, non proprio argomenti da spogliatoio... “No, non parlo con gli altri della mia scrittura, qui poi ci sono tanti stranieri e io non amo farmi pubblicità. Da noi, come in tutti gli spogliatoi, prevalgono playstation e smartphone. D’altronde siamo soltanto lo specchio di una società che è cambiata intorno a noi. Prendete la musica: da ragazzo l’ascoltavo con il walkman, poi arrivò il Discman e a seguire lettori Mp3, chiavette, iPod e adesso Spotify. In 15 anni mi sembra di aver attraversato diverse epoche…”.
Torniamo alla scrittura. “Mi colpì il libro scritto da Roland Lazenby sulla vita di Michael Jordan nel quale era riportato il concetto di flow da cui è iniziata la mia curiosità, poi sfociata negli esercizi di concentrazione. E nella scrittura». Vede un futuro da scrittore? «Non lo so, dopo il calcio ci sarà da vivere e io continuerò a percorrere le mie strade. Sicuramente dovrò lavorare. Quindi per ora mi godo il calcio giocato”. Pausa, poi un sospiro. “E lotterò fino alla fine per salvare il Palermo. Quella sì, sarebbe una storia bellissima da scrivere”.
Ok, ma la scrittura? “L’ho scoperta poco per volta, d’altronde ho sempre viaggiato molto con la fantasia e mi è venuto spontaneo scrivere: mi aiuta a scoprire lati meno conosciuti del mio carattere”. Così nascono le pagine pubblicate online (alessandrogazzi.it) in cui episodi di gioco vissuto diventano istantanee di parole. “Può sembrare strano, ma un contrasto, una semplice palla intercettata oppure l’attesa per la partita, un riscaldamento ben fatto diventano per me spunti su cui scrivere”. Sottolineando un modo di stare in campo, quello di Alessandro Gazzi, con un denominatore comune: “mettersi a disposizione dei compagni e della squadra, questo è quello che ho sempre cercato di fare e che continuo a fare”. Con la maglia numero 14 addosso. “Per me un minestrone di ricordi: era la maglia di quando da bambino a Feltre andavo a giocare con i ragazzi più grandi, era il numero di Cruyff che ammiravo nelle videocassette di mio padre, quello di Gianni Rivera in Italia-Germania 4-3 e di Bruce Harper, difensore e personaggio di Holly e Benji”.
Influenzato dalle letture? “Sono cresciuto con i libri di Philip K. Dick, amo la fantascienza e poi Joyce, Faulkner e De Lillo, Ishiguro, McCarthy. Potrei andare avanti…”. C’è anche la letteratura dedicata al calcio. “Ho trovato formidabile “Il maledetto United”, di David Peace, ma anche “Goal Economy” di Bellinazzo. E il libri di Simon Kuper. Ma poi c’è Osvaldo Soriano, ci mancherebbe…”. Non poteva mancare il cinema, tra le passioni di Alessandro. “Malato di Lynch e Hitchcock, adoro Malick e “La sottile linea rossa”: avevo iniziato a studiare al Dams di Roma in quel periodo, ma ho dato solo qualche esame poi ho dovuto mollare, a causa del calcio”. Ecco, appunto: cinema, scrittura, letteratura, non proprio argomenti da spogliatoio... “No, non parlo con gli altri della mia scrittura, qui poi ci sono tanti stranieri e io non amo farmi pubblicità. Da noi, come in tutti gli spogliatoi, prevalgono playstation e smartphone. D’altronde siamo soltanto lo specchio di una società che è cambiata intorno a noi. Prendete la musica: da ragazzo l’ascoltavo con il walkman, poi arrivò il Discman e a seguire lettori Mp3, chiavette, iPod e adesso Spotify. In 15 anni mi sembra di aver attraversato diverse epoche…”.
Torniamo alla scrittura. “Mi colpì il libro scritto da Roland Lazenby sulla vita di Michael Jordan nel quale era riportato il concetto di flow da cui è iniziata la mia curiosità, poi sfociata negli esercizi di concentrazione. E nella scrittura». Vede un futuro da scrittore? «Non lo so, dopo il calcio ci sarà da vivere e io continuerò a percorrere le mie strade. Sicuramente dovrò lavorare. Quindi per ora mi godo il calcio giocato”. Pausa, poi un sospiro. “E lotterò fino alla fine per salvare il Palermo. Quella sì, sarebbe una storia bellissima da scrivere”.