15.00 ATTESA. DOMENICA. TUTTO E’ PRONTO.

Tutto è pronto. Tutto è perfetto.
Ai bordi del cerchio di centrocampo, prendo posizione.
Mi godo gli ultimi secondi prima che l’arbitro fischi l’inizio del match e la fine della mia trepidante attesa. Non un pensiero mi sfiora, solo sensazioni: eccitazione, voglia di giocare, rabbia agonistica si concentrano nel presente pressante annullando ciò che fino a qualche minuto prima intersecava in testa. A volte la pressione è forte, altre meno. Non riesco a resistere. Non vedo l’ora. Mi circonda nella domenica calcistica che sta per iniziare una quantità di materiale umano variegato: pubblico di tutte le età, dai bambini che ti guardano come un idolo da imitare, agli anziani collaudati da mille partite sempre nello stesso stadio, sempre alla stessa ora, sempre allo stesso posto. Appassionati in cerca di emozioni, giornalisti, telecronisti, radiocronisti. I tifosi e la loro incrollabile fede che mette a dura prova corde vocali sempre tese al massimo sforzo. Familiari. Dirigenti, politici, sponsor in tribuna centrale, o magari negli skybox, visuale trasparente, lucente, differente. A bordo campo riserve e allenatori. Cameraman. I 21 in campo, gli arbitri, la sicurezza, i fonici, i tecnici, la procura federale, i dottori dell’antidoping, i magazzinieri. Sento di far parte di un evento collettivo ed io, nella zona mediana del campo, mi rendo conto per l’ennesima volta di essere un ragazzo fortunato e di svolgere un lavoro che alla fine ho sempre sognato di fare. Pochi istanti e il mio mondo si ridurrà ad un universo in espansione. L’arbitro fischia.