«Ci siamo»,
esclama il nostro team manager. Siamo tutti, si può partire.
L’autista spinge moderatamente sull’acceleratore e io, dal mio posto sul pullman della squadra, inizio a girare il film dell’attesa, il mio pre-gara cinematografico. Come sempre. Ognuno è al suo posto: chi si distrae, chi mastica una cicca e guarda fuori dal finestrino, chi gioca col telefono. Sorrido a Eddy, lui mi guarda male. Un loop di istantanee fotografate dalla mia visuale: ciak, si gira. Assorbito dai riflessi del vetro volgo il mio sguardo a sinistra. L’ iPod è già acceso, Le luci della centrale elettrica si accendono. Ora lo sento distinto, l’odore del viaggio verso San Siro; sa di moquette pulita, di nuovo, di asettico. Sono isolato nel silenzio d’ovatta del pullman, le frequenze sonore scuotono le ossa acustiche; aprono una fessura, altre dimensioni, altre inquadrature. Milan – Bari, le luci della scorta della polizia che cominciano a lampeggiare, una fredda intermittenza che si propaga sulla strada, brividi nel salotto di casa. Il mio occhio vede e cattura scatti, transenne, ferro; i semafori cominciano a lampeggiare. Sono qui, ma vorrei essere tra le ombre e le sagome là fuori. Sono qui e vorrei essere ovunque. Dietro il mio occhio. Palazzi in una sequela grigia, lampioni dalla luce spenta, l’amigdala. Un supermarket. Storari in porta, diagonale sull’esterno opposto. Kaladze, Abate, Nesta, Zambrotta. Erba tra i binari del tram, vibrazione al basso ventre, attivazione elevata, opalescente. Sono già concentrato, il flusso di immagini scorre, il loop è frenetico di riflessi e specchi riflessi in chissà quale dimensione, sono un uomo con la macchina da presa. Pirlo Seedorf Gattuso Ambrosini. Mosca all’ora di punta. Penso al fatto che ho sempre tifato Milan, ma ora che ci gioco contro è come aver rimosso ogni preferenza. Ragionamento lento, coerente, che rallenta la trama del film. Poi riprende la sfilata ultravioletta verso il Meazza: Milano da bere, amori interinali e poliziotti di quartiere. Ronaldinho Huntelaar. Vasco Brondi e il suo esordio in stato di grazia, Canzoni da spiaggia deturpata. Noi, Il Bari, abbiamo iniziato l’anno in stato di grazia. Lo schema sul calcio d’angolo sfiora la diagonale della rotatoria, Un uomo barbuto sputa per terra. Guardo fuori e i miei occhi brillano di eccitazione, il mio kinoglaz volge lo sguardo fuori e dentro, in area e fuori area. Dall’unica fissa postazione dal centrocampo su cui siedo, registro sulla pellicola neuronale flash di vita che è sogno, o forse no. Il vetro divide la metropoli dal match che sto per giocare. Il mister ha parlato bene in riunione. E ancora non riesco a credere. Gillet. Andrea Masiello Bonucci Ranocchia Salvatore Masiello. Ho volato sopra una città mi sono spinto oltre le nuvole, un giorno di qualche mese fa. O forse era una notte, questa notte, che si espande nella consapevolezza. L’attesa è impastata di certezze e debolezze. Combacia nelle sue linee pedonali e sulla sciarpa del tifoso che incrocia il mio sguardo. E staremo ad abbaiare a questo cielo da rottamare. Guarda dove sono! Rivas, Gazzi, Donati, Alvarez. Sono a Milano. L’occhio della città negli occhi della mia metropoli. Sono tra la folla, flaneur invisibile. Le prime bandiere, i primi volti umani senza colori, senza espressione, il pubblico si riunisce in una cattedrale di cemento. Barreto Kutuzov. Cosa sarà del deserto che rimarrà? Il club più titolato al mondo. Il pullman scende giù nella rampa, dentro i parcheggi della cattedrale. Alle ore 20.45 si disputerà la sesta giornata di campionato, Milan – Bari. La bobina si esaurisce. Inizia il film. Sarà una splendida partita, penso. Sarà solo una delle tante partite di campionato.