MALTRATTAMENTO

Un semplice risentimento muscolare...

Ti ho dato tutte le informazioni a mia disposizione. Lo sai come funziona, io ti invio segnali, ma alla fine sei tu che decidi.
Non credi di mettermi in difficoltà in questo modo?
No, non credo. Alessandro, ascoltami: il mio rapporto con te è sempre stato diretto, io ti informo su tutto e poi, alla fine, tu trai le conclusioni e decidi. E lo sai benissimo che la scelta è esclusivamente tua.
Sì lo so ma cerca di capirmi per una volta. Il tempo stringe, una situazione di questo tipo non l’ho mai vissuta e credimi, in questo momento, dobbiamo cercare assieme di non tralasciare nemmeno i piccoli dettagli. Ogni mia decisione, nel contesto in cui ci troviamo ora, potrebbe determinare l’esito positivo o negativo degli eventi.
Io invio solo segnali. Nulla di più. E’ il mio lavoro. Non posso sbilanciarmi su nulla, la decisione deve essere tua.
Lo so, lo so, ma cazzo almeno dammi una percentuale.
Obiettivamente direi 50 e 50.
50 e 50?
50 e 50.
E un minimo consiglio? Come ti comporteresti?
Lo sai che non ti do mai consigli.
Un’eccezione, per favore, non c’è più tempo.
Sarò franco. Fai un passo indietro e fermati. I rischi sono elevati.
Fai un passo indietro? Ma ti rendi conto di dove siamo?
Certo che me ne rendo conto.
E tu mi dici di fare un passo indietro?
Sì, esatto, hai capito bene.
Ok. Terrò conto del tuo franco consiglio.
E’ il quindicesimo minuto di gioco del secondo tempo. Sono subentrato da tre minuti e allargando la gamba destra accuso una fitta al flessore, Aaah, dolore. Zoppico. La sensazione acuta, ago che punge in un singolo punto, sembra diminuire, anzi diminuisce ma non se ne va; il problema è che mancano ancora una trentina di minuti al triplice fischio. E la gamba non sta bene. Per qualche istante la testa va in tilt: piovono domande il cervello va in loop. Ho effettuato un buon riscaldamento? Se chiedessi subito il cambio? Se continuassi fino alla fine? Cosa comporterebbe la sostituzione di un subentrato? Come reagirebbe il coach se alzassi la mano? Se uscissi dovrebbe ridisegnare il modulo appena cambiato cestinando la strategia che aveva applicato. Lui conta su di me, mi ha fatto entrare per difendere il risultato e dar manforte alla difesa. E le mie condizioni? Conviene rimanere in campo? Cosa riuscirei a dare alla squadra zoppicando e stringendo il dolore nella morsa del silenzio? Sarei un peso o il mio contributo basterebbe per portare a casa la posta in palio? Ascolto il mio corpo, il dialogo è serrato, ma devo decidere in fretta. Ho avvertito una fitta ed il muscolo ha inviato segnali chiari. La decisione deve essere rapida, decisa e inequivocabile.
Mi dispiace.
Stai tranquillo Alessandro, non ti preoccupare, ti capisco.
Credimi non avrei mai voluto, ma ora ho bisogno del tuo silenzio.
Il mio silenzio non lo otterrai mai, io ti avviserò ogni qual volta il mio radar nota qualsiasi piccolo cambiamento degno di segnalazione.
Va bene, tu manda tutti i segnali che vuoi, cercherò di ignorarti il più possibile.
Perfetto. Buon lavoro.
Buon lavoro anche a te.
Dopo una mezz’ora abbondante il match si conclude. Bari-Livorno 1 a 0. Altri tre punti buoni per la salvezza. Per me l’agonia. Il bicipite femorale destro reclama il riposo assoluto, una lesione del muscolo è certa, lo sento. Continuo a zoppicare, prof mi sono stirato. E mentre imbocco il tunnel che conduce agli spogliatoi immagino il tubo magnetico nel quale inserirò il mio corpo per gli accertamenti diagnostici del caso. Una risonanza, come minimo.
Te l’avevo detto Alessandro.