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La prima descrizione della mia esperienza di Flow in Torino Inter. Agosto 2014.

Entro in campo.
Sono tranquillo e penso che questa sarà la mia ultima partita; non ho nessuna preoccupazione se non quella di correre, aiutare i miei compagni e rendermi utile alla squadra. Non mi interessa più ciò che pensano gli altri di me perché l’unica cosa che voglio da questi 90 minuti è arrivare alla fine esausto, senza più energie e sentire le gambe che finalmente non reggono alla fatica. E gioire di tutto ciò.
Fischia l’arbitro, sono energico, concentrato; le gambe rispondono e la mente è connessa alla partita. Compio un intervento, intercetto un pallone. Ne arpiono un altro tra le gambe dell’avversario e appoggio la palla indietro al mio compagno: a quel punto, dopo 5 minuti di gioco, percepisco i 30000 spettatori che con un’ovazione sottolineano il mio gesto. Mi rilasso e continuo a giocare. L’ entusiasmo cresce. Ogni mia giocata è calibrata correttamente ed ogni mio movimento tattico esatto. Mi sembra di essere tornato bambino, quando giocavo e mi divertivo e non pensavo ad altro.
Finisce il primo tempo: mi sembrano trascorsi soltanto due minuti.
Entro in spogliatoio, mi asciugo dal sudore e cambio la maglietta; mi disseto e sento le indicazioni del mio allenatore. Ascolto il mio corpo: non vedo l’ora di rientrare in campo raccomandandomi di non perdere la concentrazione. Non perdere la concentrazione.
Rientro in campo e continuo il mio lavoro, impassibile, alla stessa intensità e con lo stesso spirito; ormai la partita è segnata e so con certezza che non sbaglierò nulla. Durante un allungo a centrocampo rifletto sul senso dello sforzo nello stato di flow: andare oltre. Una serie di inutili passaggi dei giocatori avversari mi spingono a correre, due, dieci, venti metri in totale apnea, sforzo fisico indescrivibile, meraviglioso, armonico e unico. La consapevolezza è determinante in questo momento perciò continuo, all’ insaputa delle trentamila persone presenti, nella mia corsa senza senso. Bellissima. Qualche minuto più tardi, in area, un avversario, il pallone a qualche metro e la porta sguarnita. Il tempo nella mia mente rallenta: razionalizzo la mia scelta, considero il folle tentativo di intervento che avevo deciso di fare una semplice formalità. Intervengo. Trascorre un secondo. La partita prosegue ed io provo un senso di beata solitudine interiore.


Legenda:

1) Challenge-Skill balance (Equilibrio tra sfida e abilità; tra percezione delle difficoltà e percezione delle proprie capacità)
2) Action-Awareness merging (unione tra azione e consapevolezza; l’atleta non si chiede come sta eseguendo l’azione, la esegue e basta, perché è un tutt’uno con essa; sceglie la soluzione efficace al momento giusto)
3) Clear goals (Mete chiare; obiettivi pianificati prima e durante l’azione)
4) Unambiguous feedback (Feedback immediato; dimensione predisponente)
5) Concentration on task and hand (Concentrazione focalizzata sul compito che si sta eseguendo)
6) Sense of control (Capacità di mantenere il controllo)
7) Loss of self-consciousness (Perdita dell’autoconsapevolezza; senso di serenità; nessuna paura né ansia; sensazione di andare oltre, di fare parte di un sistema più grande, di muoversi in armonia con l'attività intrapresa, come dentro una corrente, un flusso)
8) Trasformation of time (Destrutturazione, alterata percezione del tempo)
9) Autotelic experience (Esperienza autotelica; sensazione di gioia, divertimento e piacere nel fare quello che si sta facendo)